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mercoledì 2 dicembre 2015

Gufi? Loro almeno volano...

La crescita dell’economia italiana, che è già insufficiente a raggiungere gli obiettivi di occupazione e di riduzione del debito persino nei valori previsti dal governo, risulta più bassa di un decimo di punto percentuale. Un’inezia, non c’è che dire, ma pur sempre oltre il 10% in meno di quanto stimato dal Ministero dell’Economia nelle sue valutazioni.

venerdì 9 gennaio 2015

Se la sono cercata per tutti noi


Come di consueto, di fronte al vile massacro della redazione di Charlie Hebdo, i politici italiani non rinunciano a volare basso basso, incapaci di sottrarsi al bisogno di guardare anche gli eventi più drammatici con le modeste lenti deformanti delle zuffe da pollaio della LORO politichetta provinciale.
Non farò a nessuno il favore di riprendere articoli che citano le corbellerie (come vorrei usare un'altra parola!) di questo o di quello. Lascio a voi, se proprio ne sentite il bisogno, il compito di dragare la melma e tirare fuori i commenti degli inetti parolai ai quali, purtroppo, abbiamo consentito di rappresentarci, con la sola scusante di sistemi elettorali costruiti apposta per dar modo ai peggiori di essere eletti.
Il barbaro assassinio di Parigi è solo l’ultimo di una serie di attacchi al cuore del mondo occidentale, quel mondo nel quale, con gli ovvi limiti dell’umano agire, si sono affermati principi filosofici, giuridici e religiosi e modelli di vita che meglio si prestano ad appagare le aspirazioni degli individui. Di tutti gli individui, anche di quelli che rifiutano quei principi filosofici, giuridici e religiosi e quei modelli di vita e pretendono di imporne di diversi, frutto di un’interpretazione deformata della propria fede.
Come scrivevo l’altra sera, sull’onda anche dell’impatto emotivo, le colpe di quanto avvenuto in Rue Nicolas Appert vanno attribuite a tanti.
In particolare, attirerei ancora la vostra attenzione su quei paesi che, come ho già scritto, non si fanno troppi scrupoli nel finanziare i movimenti terroristici più pericolosi del panorama islamico, molti dei quali, tra l’altro, hanno sviluppato autonomi metodi per procurarsi risorse impressionanti con cui sostenere le proprie azioni.
Su Il Sole 24 Ore di oggi si occupa di questo tema Claudio Gatti, uno dei migliori giornalisti investigativi italiani:
Buona stampa.
Ai dati dell’indagine di Gatti si possono aggiungere quelli di Roberto Bongiorni che, sempre sul 24 Ore, offre un’accurata descrizione del fenomeno dei cosiddetti retournès: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-01-09/un-esercito-reduci-guerre-medio-oriente-063654.shtml?uuid=ABaIkCbC.
Buona stampa. I dati di quest’ultimo articolo fanno strage degli argomenti patetici dei populisti di ogni Paese europeo, in primo luogo di quelli italiani, purtroppo tanti e di pessima caratura anche per la categoria. E’ del tutto evidente che non esiste, e non potrebbe esistere, una matrice comune tra i musulmani francesi e quelli scandinavi, tra quelli tedeschi e quelli inglesi. Si tratta di comunità nate in tempi e con modalità totalmente diversi e sulle quali l’ombra del passato è in qualche caso spessa in qualche altro assente. Detto altrimenti, un membro di seconda o terza generazione della comunità musulmana francese porta nel proprio bagaglio, tra l’altro, i rancori di una colonizzazione che non può avere un esponente della comunità tedesca o svedese.
Se non avessero implicazioni così drammatiche, le sbrigative analisi opportuniste dei politicanti da strapazzo che, purtroppo, pullulano in Europa potrebbero far sorridere ironicamente perché costoro, nel valutare la questione musulmana, si muovono con logica poco diversa da quella dei fanatici che imbracciano il kalashnikov e il Corano. E con la medesima volontà di capire.
Mi piace, per cercare di rimanere alto, suggerirvi la lettura di un pezzo di The Economist:
Buona stampa. Direi ottima. Grazie a Roberto (http://www.whatsmoneyfor.com/) che mi ha segnalato questo articolo, così lontano da quello, sconcertante, del Financial Times nel quale si lasciava intendere che gli autori di Charlie Hebdo “se l’erano cercata”. Già, un articolo di cui non vi do il collegamento perché mi ha infastidito e, probabilmente, m’indurrà a porre fine all’abbonamento al quotidiano inglese.
Se l’erano cercata… Viene in mente Andreotti che aveva usato parole simili riguardo all’Avvocato Giorgio Ambrosoli, liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona. Quale destino iniquo accomuna a volte gli uomini che, in diverso modo, combattono per difendere il bene collettivo. Uccisi e sbeffeggiati.
Giova, perciò, leggere il Buongiorno di Gramellini, che spiega meravigliose ovvietà: http://www.lastampa.it/2015/01/09/cultura/opinioni/buongiorno/checkpoint-charlie-fgKcpl9gDlwN70cufbcSrM/pagina.html.
Buona stampa.
Je suis Charlie.

lunedì 1 luglio 2013

Capitalismo di relazione


Nell’ultimo post, nel descrivere molto sommariamente le vicende di Cosecon-Attiva, alludevo alle distorsioni nel mercato italiano del credito, proprie di quel “capitalismo di relazione” che, purtroppo, è il paradigma cui s’ispira il nostro sistema finanziario.
Al “capitalismo di relazione” si devono vicende come quelle dei Ligresti (dei quali, mi perdonerete, non voglio più parlare: per quanto sorprendente, anch’io posso provare un po’ di pietà, per voi e per me, ben inteso) e quelle di Zaleski.
Ho citato soltanto due nomi, ma ce ne sono svariati altri. Cercate voi, non è che posso sempre fare io il lavoro sporco. Scherzi a parte, di Ligresti ho scritto molto, sul caso Zaleski vi suggerisco un pezzo de Il Fatto Quotidiano dello scorso febbraio (http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02/12/banche-pronte-a-dare-ancora-anno-di-tempo-al-debitore-vip-zaleski/497187/) e uno del Sole 24 Ore di qualche giorno fa (http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-06-27/nuovo-piano-banchezaleski-salvataggio-064600.shtml?uuid=Abj1ns8H&fromSearch), giusto per darvi un po’ il senso di come la situazione sia evoluta, in peggio, nei mesi scorsi, anche a causa della volatilità dei mercati azionari.
Sul “capitalismo di relazione” in generale potete leggere un articolo di Libertiamo del gennaio 2012 (http://www.libertiamo.it/2012/01/03/una-buona-giustizia-per-battere-il-cattivo-capitalismo-di-relazione/), da qui potete anche navigare per conto vostro.
L’argomento, in realtà è molto complesso e internet, nonostante offra molte risorse informative, non è sufficiente per affrontarlo in maniera adeguata. Non intendo banalizzare e, quindi, mi limito a darvi uno spunto di riflessione: è evidente che casi come quelli di Ligresti e di Zaleski sono esempi macroscopici, tuttavia, come prova la vicenda di Cosecon-Attiva, a quelli si aggiungono esempi meno eclatanti, ma probabilmente assai più numerosi, di destinazione inefficiente delle risorse del sistema bancario. Detto altrimenti e un po’ semplicisticamente: le banche concedono credito in maniera non ottimale, privandone aziende meritevoli e favorendo altre che meritevoli non sono affatto e questo accade per ragioni “di relazione”.
Ovvio che questo stato di cose accentua gli effetti della crisi attuale. Come se non bastasse, non è certo il terreno migliore perché si sviluppi un sistema economico sano, limpidamente competitivo, che premia merito e capacità. Al contrario, all’ombra dei cespugli spinosi del "capitalismo di relazione", sono nati e cresciuti innumerevoli comportamenti variamente scorretti o addirittura forme di corruzione.
Per fortuna, accanto a situazioni che sembrano confermare le cattive abitudini, ce ne sono altre, dalle quali sarei portato a guardare con un po’ di ottimismo al futuro del nostro sistema finanziario e industriale. Quello che sta accadendo sull’asse Milano-Trieste, che non è, in questo caso, quello dell’autostrada A4, ma quello che congiunge Mediobanca alle Assicurazioni Generali, sembra dimostrare la volontà dei manager della banca d’affari e della compagnia assicurativa di incidere su molti dei legami che le hanno contraddistinte in passato e che hanno favorito tante decisioni non "opportune" per le società e per i soci. E’ un segnale che mi pare importante; non vorrei sopravvalutarlo, ma vedere qualcosa che sembra un fiore in mezzo al fango fa accendere un barlume di ottimismo anche in me.
Intendiamoci, anche nell’armadio di Alberto Nagel ci sono scheletri (in primis nel caso Ligresti). E anche Mario Greco avrà degli amici cui deve riconoscenza. Eppure credo sia giusto vedere nelle loro decisioni più recenti la volontà di cambiare, magari a fatica e lentamente, ma cambiare.
Che sia necessaria una revisione seria del nostro sistema finanziario, oltre alle storie dei Ligresti e degli Zaleski, lo dimostra anche questa: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-06-29/faro-consob-segreti-onda-084109.shtml?uuid=Ab3w2e9H&fromSearch.
Buona stampa. L’articolo di Claudio Gatti mostra quanti pessimi frutti generi la cattiva pianta del “capitalismo di relazione”.