Foto Agf da Il Sole 24 Ore
Chi segue le vicende bancarie e finanziarie italiane, ma non solo, probabilmente ricorda questa foto, che è stata pubblicata innumerevoli volte dalla stampa italiana nel periodo a cavallo tra 2004 e 2005, quando si combattevano le battaglie per il controllo di BNL e Banca Antonveneta e Antonio Fazio era governatore della Banca d’Italia.
Apro il post con questa immagine perché sia chiaro di cosa mi occupo anche oggi. Ne avrei parlato ieri, ma non volevo appesantire un testo già lungo.
Non mi sento di escludere che anche altrove il governatore di una banca centrale possa avere rapporti amichevoli con dirigenti delle istituzioni poste sotto il suo controllo, ma (azzardo?) credo sia più facile che ciò accada in Azerbaijan che in Canada.
Il legame tra Fazio e Fiorani, al di là delle decisioni dei tribunali che si sono occupati delle scalate di BNL e Antonveneta, mette in evidenza un problema che, anziché svanire, si è aggravato nel tempo. Il controllore che, ostentando intimità, va a braccetto con il controllato non è solo una scena cui non si vorrebbe assistere, è soprattutto un sintomo che si vanno perdendo di vista alcuni principi fondamentali. E’ il segnale del solco che buona parte della pubblica amministrazione italiana è andata scavando tra sé e l’indispensabile attenzione all’interesse collettivo, una condizione tanto più evidente se si osserva il fenomeno che viene comunemente indicato come “porte girevoli”.
Vi propongo la lettura di un articolo pubblicato qualche settimana fa da La Repubblica: http://www.repubblica.it/economia/finanza/2016/06/04/news/ispettori_magistrati_e_gdf_ecco_la_rete_di_protezione_della_popolare_vicenza-141264456/?ref=search.
Buona stampa. Le porte girevoli, nel caso della Banca Popolare di Vicenza, hanno probabilmente funzionato assai più che altrove. Gianni Zonin, evidentemente, aveva capito quali vantaggi potevano derivare dall’inserimento nell’organigramma della banca di persone provenienti da alcune delle più rilevanti amministrazioni dello Stato.
Mi chiedo e vi chiedo: è più grave il comportamento di Zonin che tali individui ha reclutato o quello di chi si è lasciato reclutare?
Io considero molto più grave quello di chi ha scelto, lasciando un pubblico incarico, di entrare in una società privata con la consapevolezza che tale nuova posizione (con i relativi vantaggi economici) era offerta proprio in virtù delle relazioni maturate nella precedente, delle quali avrebbe dovuto servirsi per evitare problemi al nuovo datore di lavoro.
Per capirci meglio: da una parte abbiamo il presidente di una banca, presumibilmente preoccupato che possano emergere e venire sanzionate pratiche gestionali scorrette, e dall’altra esponenti apicali di amministrazioni dello Stato che accettano di lavorare per questa banca, diventando strumenti di difesa della stessa, mettendo a frutto conoscenze e amicizie così da evitare i controlli o da ammorbidirli o da attenuarne o addirittura annullarne gli effetti.
Anche altrove esistono porte girevoli. Negli Stati Uniti, ad esempio, in anni recenti ben due Segretari del Tesoro (Robert Rubin e Henry “Hank” Paulson) provenivano da Goldman Sachs, la maggiore banca d’investimento del paese. Nulla ci impedisce di sospettare che le loro precedenti esperienze abbiano influenzato alcune delle decisioni assunte durante l’incarico nell’amministrazione statale. Sono, tuttavia, portato a escludere che abbiano perso di vista il loro ruolo pubblico. E, in ogni caso, si parla di un percorso inverso, dal privato al pubblico, sotto lo scrutinio costante del Parlamento, chiamato a ratificare la nomina da parte del Presidente e a valutare con frequenza l’operato dei prescelti.
In Italia, al contrario, abbiamo esponenti della pubblica amministrazione che si mettono al servizio di società private e non sono sottoposti a nessun genere di controllo.
Io credo che dovrebbero, soprattutto nel caso di chi ha occupato posizioni di altissimo livello (come il Ragioniere Generale dello Stato), sentirsi obbligati a non accettare un incarico in ambito privato. E, visto che non sembra esserci questa sensibilità, dovrebbe essere la classe politica a fissare rigide regole per impedire una permeabilità rivelatasi eccessiva e, come nel caso di BPVi, probabilmente censurabile. In altre parole: è arrivato il momento di promulgare norme che impediscano un transito troppo facile e troppo rapido dal pubblico al privato, norme tanto più rigide e stringenti quanto più alto è il livello raggiunto nell’amministrazione dello Stato, arrivando addirittura a negarne la possibilità a chi ha avuto posizioni di vertice, anche in ambito locale (ad esempio direttore di filiale della Banca d’Italia piuttosto che Procuratore della Repubblica).
Torno a combattere i nemici della cultura e della musica. Il brano che ho scelto è eseguito da Vassilis Tsabropoulos, pianista che si muove nei territori a me cari in cui i generi si confondono e si arricchiscono l’un l’altro. Il titolo è Melos.
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