La nascita del Fondo Atlante, che molti salutano come potenziale risolutore dei problemi del sistema bancario italiano, a me sembra confermare quel che ho sostenuto in precedenti post, ossia che il governo guidato da Renzi ha trattato la questione dei crediti bancari in sofferenza con leggerezza, sprecando tempo nel percorrere strade senza sbocco, insistendo con ostinazione degna di miglior causa nel cercare un’approvazione impossibile da parte dell’Ue.
Mentre altrove si interveniva con decisione, sfruttando le lacune e/o le opportunità della normativa europea, da noi si preferiva vantare condizioni di salute buone, se non addirittura eccellenti, del sistema bancario, ignorando situazioni che già all’inizio del decennio avrebbero dovuto far suonare le sirene di allarme. E la testa girata dall’altra parte l’avevano, almeno in parte, anche le autorità di vigilanza.
Lascia sconcertati che siano trascorsi anni prima che si decidesse di intervenire con decisione in casi come quello di Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, di Banca Etruria e di Carife in cui la gestione avveniva con modalità che definire disinvolte è eufemistico. Il costo di questa “distrazione” è nel frattempo cresciuto, si è tradotto in perdite pesanti per gli azionisti (non privi di colpe, vista la facilità con cui hanno sostenuto per anni vertici del tutto inadeguati, però pronti a comperare il loro sostegno) e viene in parte scaricato ora sul sistema proprio attraverso il Fondo Atlante, i cui maggiori finanziatori sono le più grandi banche italiane, la Cassa Depositi e Prestiti (Ministero del Tesoro e Fondazioni Bancarie) e alcune compagnie di assicurazione.
Atlante si farà carico della ricapitalizzazione di Popolare di Vicenza e, se necessario, anche di quella di Veneto Banca, utilizzando allo scopo la fetta maggiore del proprio patrimonio, riservando una quota residuale alla soluzione del problema cruciale e irrisolto dei crediti in sofferenza.
Stiamo parlando di qualche miliardo di euro a fronte di un ammontare di sofferenze nette stimate in svariate decine di miliardi.
Io dubito che siano risorse adeguate, ma lo pensa anche Mario Draghi (e ovviamente conta molto di più la sua opinione della mia), come riporta questo articolo di Giuseppe Chiellino da Il Sole 24 Ore di oggi: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2016-04-26/se-fondo-atlante-non-basta-puo-intervenire-stato-113540.shtml?uuid=ACd1pTFD&fromSearch.
Buona stampa. Lascio a voi decidere quanto sia aleatoria la possibilità di un intervento pubblico diretto come quello prospettato nel pezzo. Ricordate, però, che si dovrebbero trovare alcune decine di miliardi di fondi statali e ottenere il nulla osta europeo. Impresa non da poco…
Faccio un passo indietro, prima di cambiare, solo in parte, argomento. A riprova della gestione “disinvolta” di Banca Popolare di Vicenza, vi propongo questo breve articolo di Fabio Pavesi pubblicato ieri da Il Sole: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-04-25/quei-generosi-prestiti-milionari-popolare-vicenza-concessi-zonin-e-ex-consiglieri-amministrazione-105521.shtml?uuid=ACh3UuED&fromSearch.
Buona stampa. Direi che illustra bene la situazione. Io davvero non riesco a spiegarmi come sia possibile guidare una qualsiasi azienda con tanta indifferenza per le conseguenze delle proprie decisioni. Resta per me incomprensibile quali siano i meccanismi che consentono di superare limiti a mio parere invalicabili, di privilegiare i propri interessi a spese di quelli di tante altre persone e di farlo quando già la situazione è compromessa, quando si dovrebbe sentire con tanta maggiore insistenza la necessità di fare il possibile per evitare il peggio e per invertire la rotta.
Forse una risposta la possiamo trovare in un articolo di Ernesto Galli della Loggia dal Corriere di oggi: http://www.corriere.it/cultura/16_aprile_26/illegalita-diffusa-8d1721f4-0b1b-11e6-9420-98e198fcd5e0.shtml.
Buona stampa. Che è una diagnosi spietata, di cui condivido anche le virgole.
Ai nemici della musica e della cultura oggi contrappongo un brano breve e intenso di Herbie Hancock: Solitude. E, come spesso accade, non l’ho scelto per caso.
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