Cominciamo con un’immagine che ho scovato in rete e che ho deciso di proporvi quasi d’impulso. Il senso di questa immagine mi sembra immediatamente evidente: l’Europa ha perso il suo ruolo nel mondo.
Proprio il ruolo e il peso dell’Europa nei secoli passati rende tanto più grave e sconcertante il declino inarrestabile del nostro continente. Un declino che passa attraverso eventi che, giorno dopo giorno, dimostrano come gli europei (sia i cittadini che i loro governanti) non sappiano più ispirarsi ai principi che hanno consentito lo sviluppo degli stati nazionali prima e dell’Unione continentale poi e non abbiano neppure la tentazione di ripensare il proprio ruolo in modo mantenere con adeguata autorevolezza il posto che spetterebbe loro nel mondo.
Non credo serva indicare uno o più articoli che convalidino questa opinione. Anche voi tre, come me, ne avrete già letti decine negli ultimi mesi e anni. E, come me, anche voi tre saprete che, con la classe politica europea attuale, c’è ben poco da stare allegri. Non esistono leader capaci di far uscire l’Europa dal vicolo cieco in cui l’hanno cacciata loro stessi o i loro altrettanto mediocri predecessori.
Su questo tema chiudo con un’osservazione: come spesso accade, le immagini possono far capire le situazioni meglio di qualsiasi parola. Il vuoto lasciato dall’Europa è esattamente di fronte ad alcune delle aree del mondo più instabili, teatro di conflitti più o meno aperti e devastate da terrorismo e lotte di religione di indicibile e folle crudeltà, territori nei quali diverse nazioni perseguono con implacabile stupidità e cieco egoismo i propri interessi di bassa lega. E non serviranno certo le cannoniere dello zar Vladimir per rimettere ordine. Se le guerre scatenate e perse da George W. Bush hanno insegnato che non si esporta la democrazia con le armi, l’esperienza sovietica in Afganistan ha insegnato che non si esporta nessun tipo di regime politico con le armi e che non si puntella nessun alleato che il popolo rifiuta. Lezioni inascoltate.
E veniamo all’Italia. Prima un breve accenno alla vicenda di Ignazio Marino, che sta rivelando, se mai ne avessimo bisogno, il degrado del sistema politico nazionale e, in particolare, come Matteo Renzi sia tutto fuorché un vero innovatore. Credo che la vicenda romana getti una pessima luce sia sul sindaco che sui suoi oppositori. Non voglio dilungarmi, ma mi esprimo senza giri di parole: questa vicenda emana un pessimo odore e non sarebbe arrivata a puzzare così tanto se ci fosse stata reale attenzione per i problemi di Roma da parte di tutti, incluse le opposizioni.
Per alzare un po’ lo sguardo, e anche il livello, vi propongo un articolo dal Corriere della Sera di oggi. Si tratta di un pezzo in cui Michele Ainis illustra le ambiguità (eufemismo) del nostro sistema legislativo, dalle quali discendono, tra l’altro, molti dei meccanismi perversi della giustizia italiana. Ecco il collegamento: http://www.corriere.it/editoriali/15_ottobre_12/nazione-piano-inclinato-04cf8172-709f-11e5-a92c-8007bcdc6c35.shtml#.
Buona stampa. Ainis è bravo e mette il dito sulla piaga, ribadendo quanto ha spesso indicato nei suoi articoli: i primi a violare la legge sono i legislatori, che si servono di pretesti, spesso risibili, per violare norme che non hanno il coraggio o la forza di modificare apertamente. E, come dice Ainis, la vittima è la legalità.
Un po’ di jazz per combattere i nostri nemici. Oliver Nelson è stato un grande “fiato” (https://en.wikipedia.org/wiki/Oliver_Nelson). Ascoltiamo un brano dal suo album più famoso, The Blues and The Asbract Truth (https://en.wikipedia.org/wiki/The_Blues_and_the_Abstract_Truth), in cui è circondato da alcuni dei migliori strumentisti di tutta la storia del jazz. Titolo del pezzo: Stolen Moments.
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