mercoledì 14 ottobre 2015

Un Nobel saggio

Giangiacomo Schiavi è uno dei vicedirettori del Corriere della Sera. Scrive prevalentemente di vicende milanesi e lombarde, il che, ovviamente, spiega perché sia lui, oggi, ad affrontare la questione dell’arresto del vicepresidente della Regione Lombardia, Mario Mantovani. E lo fa, tra l’altro, sottolineando come si trattasse della persona sbagliata per quell’incarico. Ecco il collegamento al pezzo di Schiavi: http://www.corriere.it/opinioni/15_ottobre_14/verdetto-buon-senso-non-doveva-arrivare-fin-li-580b2de0-7230-11e5-b015-f1d3b8f071aa.shtml#.
Buona stampa. Riprendo un passaggio che mi pare essenziale: “È difficile spiegare, a chi non ha attenuanti se sbaglia una lettera su un modulo fiscale o non viene perdonato se paga un bollettino in ritardo, che un politico, un pubblico ufficiale che dovrebbe essere al servizio della comunità, «ha una propensione alla violazione delle regole», trucca le aste, briga per gli appalti, usa i suoi poteri per interessi personali, traffica per sistemare i suoi sodali. È difficile chiedere il rispetto delle regole se chi dovrebbe dare l’esempio è il primo a violarle, facendo prevalere attraverso il potere della carica il particulare di guicciardiniana memoria, ostentando perfino il proprio conflitto di interessi (Mantovani è il fondatore della Cooperativa Sodalitas, che si occupa di residenze per anziani).
E qui mi fermo, perché fa male a tutti e quattro dover pensare a costoro anche oggi. Proviamo ad alzarci un po’. Non è affatto difficile, per la verità: la classe politica italiana si muove negli anfratti limacciosi che non sono l’habitat prediletto dei vincitori del Premio Nobel, argomento di cui andiamo a occuparci adesso. Altra aria.
Come voi tre ben sapete, quando parliamo di Premio Nobel, in realtà, parliamo di alcuni premi diversi, accomunati, quasi tutti, dal nome e dall’origine.
Oggi esistono più premi di quanti ne avesse originariamente pensati Alfred Nobel. Uno, in particolare, si distingue dagli altri perché si tratta di The Sveriges Riksbank Prize in Economic Sciences in Memory of Alfred Nobel ed è un riconoscimento nato per volontà della Banca Centrale di Svezia, non della Fondazione Nobel. Esso, tuttavia, viene consegnato con le medesime modalità degli altri e viene generalmente considerato parte della “famiglia”. Qualche informazione in più la potete trovare sul sito dell’Enciclopedia Britannica: http://www.britannica.com/topic/Nobel-Prize. Avrei voluto rimandare alla Treccani, ma il lemma ha uno spessore assai modesto, direi inadeguato: http://www.treccani.it/enciclopedia/premio-nobel/. Ovviamente, un’ottima fonte di informazioni è il sito della Fondazione Nobel: http://www.nobelprize.org/.
Bene, vi starete chiedendo il perché di questa lunga digressione… Voglio parlare del Nobel per l’Economia di quest’anno, assegnato a uno studioso particolarmente interessante: Angus Deaton. Oltre che per le sue ricerche, Deaton merita attenzione anche per il modo di pensare originale e lontano dalla prosopopea di molti accademici. Vediamo alcuni ritratti dalla stampa dei giorni scorsi. Cominciamo con Larry Elliott su The Guardian: http://www.theguardian.com/business/2015/oct/12/angus-deaton-popular-choice-nobel-prize-economics. Continuiamo con Ferdinando Giugliano per The Financial Times: https://next.ft.com/content/b60c2e76-70f0-11e5-ad6d-f4ed76f0900a. E chiudiamo con Il Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-10-13/deaton-misura-cose-come-credo-072529.shtml?uuid=ACgRfEFB&fromSearch.
Buona stampa. Per tutti e tre. Dal terzo articolo, quello di Fabrizio Galimberti per il 24 Ore, riprendo alcune parole di Deaton che mi paiono molto significative: “Non ho mai capito come si usa un assistente. Per me il processo di raccolta dei dati – con carta e matita, da libri e articoli... – di programmazione e di calcolo è stato sempre parte del processo creativo e, senza far tutto da me, non potrei avere quel lampo di intuizione che mi dice che c’è qualcosa che non quadra e che il modello non funziona... Le delizie e le possibilità che offrono oggi i computer possono essere apprezzate in pieno solo da chi ha speso la giovinezza con carta da grafici, matite e gomma da cancellare”.
In sintesi: una grande saggezza.
Torniamo in Italia, ma non per parlare di politica. Il tema è l’arte, quella forma dell’arte che non si lascia comprimere negli spazi dei musei o delle gallerie, ma si esprime in modo multiforme negli spazi aperti, all’interno delle città, nelle vie e nelle piazze. In inglese si chiama street art e ha molti seguaci ovunque nel mondo. Da qualche settimana, come qualcuno di voi tre sa già, esiste un blog dedicato a questo argomento. Si chiama Free people like free art e lo cura, direi senz'altro bene, Poppy Stefanelli. L’ultimo post l’ha dedicato a un artista padovano, Joys Ead: http://freepeopleandart.blogspot.it/2015/10/joys-ead-accende-un-faro.html.
Tutto il pezzo è interessante, ma vorrei sottolineare la parte conclusiva, quella in cui si parla dell’azienda che ha affidato il proprio capannone a Joys Ead, che lo ha dipinto in maniera che giudico fantastica. Come osserva Poppy, sarebbe davvero molto bello se altri imprenditori seguissero questo esempio. Ne trarrebbe indubbio beneficio la zona industriale di Padova, molto vasta e molto triste, molto grigia e molto piatta. Diventerebbe un luogo di lavoro assai più gradevole. Perciò credo si debba lodare la famiglia Bellini: sono stati loro, imprenditori miei amici, tanto intelligenti e tanto lungimiranti da aver fatto decorare a Joys Ead la sede della loro azienda, AEG Elettra (http://www.aegelettra.it/index.cfm).


Siamo in chiusura… Chissà perché non esiste il Nobel per la musica? Potrei proporre l’idea alla Fondazione, premio più o premio meno… Intanto ascoltiamo qualcosa. Il 9 ottobre sarebbe stato il 75° compleanno di John Lennon. Non arrivo puntuale, ma arrivo. Un paio di brani. Cominciamo con The Beatles: Strawberry Fields For Ever è uno dei pezzi scritti dal solo Lennon.


Passiamo poi a un’interpretazione da solista. Non è sicuramente una delle canzoni più famose che Lennon ha cantato dopo aver lasciato il gruppo, ma a me piace: Watching The Wheels.


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