Gian Antonio Stella si è occupato ieri del nuovo piano edilizio della regione Liguria: http://archiviostorico.corriere.it/2015/ottobre/20/Ancora_cemento_sulla_fragile_Liguria_co_0_20151020_ff74bb36-76eb-11e5-8922-2a7702327fc4.shtml.
Buona stampa. Un articolo che fa accapponare la pelle. Già basterebbe la patetica rivendicazione dell’assessore Scajola per farsi un’idea di cosa costui può avere per la testa (ammesso che queste mie parole abbiano senso, e non ne sono affatto sicuro). Riprendo una frase di Stella: “L’assessore ligure Marco Scajola, nipote di «A-Sua-Insaputa», ha compiuto un miracolo: neanche il tempo di promettere che avrebbe fatto «dichiarare le Cinque Terre patrimonio dell’Unesco» et voilà: fatto! Diciotto anni fa, però: nel ’97. Miracolo retrodatato.”
Già, Scajola ignora che le Cinque Terre sono patrimonio dell’Unesco da quasi vent’anni, ma evidentemente non intende ignorare le intenzioni di chi, ancora, è ansioso di spargere cemento sul martoriato territorio italiano. Su questo, però, bastano le parole di Stella. Io mi permetterò di aggiungere che, purtroppo, Scajola è in ottima compagnia, dal momento che sono numerose le regioni nelle quali, più o meno subdolamente, si cerca di creare le condizioni perché si continui la corsa all’edificazione di immobili che, molto spesso, restano irrimediabilmente vuoti e finiscono per appesantire la pressione sul patrimonio esistente, deprimendo i valori e creando distorsioni nel mercato delle locazioni e nel sistema distributivo.
Un buon esempio lo ha offerto in questi giorni anche la regione Veneto, che ha tentato di far passare una norma che avrebbe consentito la realizzazione di una nuova grande struttura commerciale in un’area rurale. Ecco un articolo dal Corriere del Veneto che sintetizza la vicenda: http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/politica/2015/19-ottobre-2015/centri-commerciali-ritirata-delibera-2302071171620.shtml.
Buona stampa. Hanno provato, ma, per ora, sono stati costretti a fare marcia indietro.
Anche a prescindere dal fatto che sono le stesse amministrazioni regionali a cercare di violare le proprie disposizioni in materia edilizia, quello che a me pare importante sottolineare è che in Italia si continua ad attribuire al settore edile un valore e un ruolo a mio parere del tutto anacronistici.
Credo che chiunque abbia percorso il territorio del nord italiano ha potuto rendersi conto, ad esempio, della quantità di aree industriali e artigianali sorte negli ultimi decenni, gran parte delle quali sono più o meno inutilizzate. E le zone industriali delle città maggiori hanno anch'esse numerosi spazi disponibili per nuovi insediamenti, conseguenza della crisi che ha costretto molte aziende alla chiusura. E’ persino superfluo osservare come la situazione favorisca il degrado delle aree in questione, dove gli edifici abbandonati diventano facilmente obiettivo di occupazioni abusive.
Più che impegnarsi per la realizzazione di nuovi insediamenti, dunque, le regioni dovrebbero preoccuparsi di incentivare il recupero del patrimonio immobiliare esistente e non utilizzato, sia quello destinato alle attività imprenditoriali sia quello residenziale. Anche nei centri delle città di tutte le dimensioni, infatti, si trovano immobili inutilizzati, spesso fatiscenti. E, ovunque, si vedono cantieri fermi, anche di dimensioni notevoli, chiara dimostrazione che non esiste la domanda per tutti gli edifici avviati negli ultimi dieci anni, quale che sia la destinazione.
Certo, il recupero del patrimonio immobiliare esistente genera minori introiti per le amministrazioni comunali e regionali, ma mi sembra molto più importante e prezioso preservare il territorio ed arrestare le colate di calcestruzzo che sono anche la causa di tanti disastri ambientali. I posti di lavoro nell’edilizia non si creano e non si salvano necessariamente costruendo nuovi immobili. Anzi. Sarebbe ora che gli amministratori pubblici cominciassero a condividere la gerarchia di valori dei cittadini e non quella degli imprenditori edili, magari anche inducendo, con norme adeguate, quest’ultimi a cambiarla.
Oggi abbandoniamo il jazz e ritorniamo agli anni 70 del secolo scorso. Scelgo un paio di brani che, nella mia memoria, sono legati a un viaggio nell’Ovest degli Stati Uniti. Si tratta di pezzi tra i più popolari nell’estate del 1977, quando percorrevo le strade di California, Nevada, Arizona e Utah.
Il primo può apparire una scelta un po’ stravagante, ma, per chi ha la mia età, la colonna sonora di Star Wars, composta da John Williams, rappresenta un legame fondamentale con un film senz’altro molto amato.
Il secondo brano è di James Taylor e s’intitola Handy Man.
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