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martedì 31 marzo 2015

Passare alla cassa


Alla fine, forse, i conti riusciremo anche a metterli a posto e ce la faremo a ridare fiato alla nostra economia, ma non ce la faremo a tenere la testa fuori dalla massa melmosa del ridicolo che da anni inonda il Paese grazie alla classe politica e ai burocrati.
Ieri, sul Corriere della Sera, Erika Dellacasa descriveva la situazione paradossale che si è creata in Liguria a seguito dello slittamento delle elezioni regionali: http://archiviostorico.corriere.it/2015/marzo/30/Liguria_consiglieri_casa_stipendio_resta_co_0_20150330_e36ce592-d69d-11e4-878a-89aec9a80d2b.shtml.
Buona stampa. La tentazione sarebbe di non commentare, così da preservare le coronarie, ma non si può non dir nulla di fronte a una simile enormità. Se il consiglio regionale è decaduto e la giunta non può più operare, allora non capisco perché dobbiamo pagare chi ne fa parte. Non c’è nessuna logica. Se, come sostengono i saggi (si fa molto per dire) burocrati regionali, i due principali organi politici regionali non possono svolgere i propri compiti perché è come se non esistessero più, allora non esistono neppure i presupposti per i generosi stipendi dei componenti degli organi stessi. Che poi non uno, non uno soltanto di questi signori e signore, abbia sentito il dovere di rinunciare a un emolumento non meritato non stupisce. Come dimenticare l’inchiesta sui rimborsi ai consiglieri regionali liguri?
Cambiamo argomento. Ritorniamo sulla complessa operazione finanziaria che consentirà al gruppo cinese ChemChina di acquisire il controllo della Pirelli. Salvatore Bragantini, uno dei commentatori che preferisco in materia finanziaria e industriale, ha scritto un articolo apparso ieri sull’inserto del Corriere della Sera dedicato all’economia. Il pezzo non è disponibile sul sito, quindi l’ho acquisito con lo scanner.


Buona stampa. Riprendo alcune osservazioni di Bragantini: “Il tema vero non è l’italianità, ma un altro; nell’interesse di chi è governata l’impresa, dell’impresa stessa, o dei suoi controllanti? Grava sulle nostre aziende un handicap pesante: i gruppi di controllo fanno di tutto per mantenerlo, ma nel contempo vogliono la diversificazione del portafoglio, che nella maggior parte dei casi quel portafoglio ha svuotato. Non è stanca litania ricordarlo: ne soffre l’impresa, ne beneficiano i controllanti”.
Bragantini ha ragione e sottolinea una propensione purtroppo abbastanza diffusa tra gli imprenditori italiani, soprattutto quelli di maggiori dimensioni, negli anni dello sventurato processo di privatizzazione della fine del secolo scorso. La ricerca di nuove attività in mercati protetti, che garantivano rendite sicure, ha spinto molti grossi nomi a trascurare la propria impresa originaria, sottraendole risorse finanziarie e manageriali. Pensiamo allo sperpero di risorse delle successive scalate di Telecom e al bagaglio di debiti che hanno lasciato in carico alla società. Ci sono, poi, i casi di famiglie proprietarie di aziende che semplicemente hanno passato la mano, accogliendo con entusiasmo le offerte di acquisto arrivate prevalentemente dall’estero: Loro Piana, Bulgari, Safilo, Valentino, Ducati i primi nomi che mi vengono in mente. Tutte aziende leader nei propri settori, aziende che, in qualche caso, avrebbero potuto assumere il ruolo di predatori, ma la proprietà ha preferito quello più facile e più remunerativo della preda.
Accanto a questi casi, che comportano, secondo me, una valutazione complessivamente negativa, ne esistono per fortuna altri che dimostrano l’elevato dinamismo di tanti imprenditori italiani. L’argomento trova spazio sulla stampa in questi giorni, com’è naturale dopo l’operazione Pirelli. Vi segnalo due pezzi, uno dal Corriere (http://www.corriere.it/economia/finanza_e_risparmio/notizie/affari-non-solo-usa-brasile-l-italia-vince-contropiede-055de042-d780-11e4-82ff-02a5d56630ca.shtml) e uno dal Sole 24 Ore (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-03-31/la-crisi-non-ferma-predatori-italiani-074416.shtml?uuid=ABfgH7HD&fromSearch).
Buona stampa. Se Tronchetti Provera si lamenta dei lacci e lacciuoli, vien da chiedersi cos’abbiano in testa i suoi colleghi di Campari o di Luxottica? Per loro lacci e lacciuoli non ci sono? Io una risposta ce l’ho: sono due modi diversi di intendere il ruolo dell’impresa e quello dell’imprenditore, oltre che il senso di responsabilità a esso associato.
Con questo non voglio negare il ruolo dello Stato e nascondere l’effetto disincentivante, ad esempio, dell’ipertrofia legislativa, della corruzione e dell’inefficienza del sistema giudiziario, ma osservo che c’è chi affronta i problemi e li risolve. E chi preferisce passare alla cassa.
Chiudiamo ricordando un paio di anniversari. Il primo riguarda la Tour Eiffel, che, come segnala sul suo profilo Facebook il mio amico Dario Marenesi (https://www.facebook.com/dario.marenesi?fref=nf), veniva aperta il 31 marzo 1889.
Il secondo consente anche di continuare la nostra battaglia, perché in questi giorni cade il cinquantenario della pubblicazione di uno storico album di Herbie Hancock, Maiden Voyage (http://en.wikipedia.org/wiki/Maiden_Voyage_%28Herbie_Hancock_album%29). Si tratta di una vera pietra miliare del jazz, realizzata con il gruppo di formidabili strumentisti elencati su Wikipedia, allora ci concediamo un paio di ascolti.
Il primo brano è quello che da il titolo all'album.


Il secondo pezzo è Dolphin Dance. E mi fermo qui, anche se vorrei davvero continuare.


martedì 14 ottobre 2014

Non sentivano certo il bisogno di lui


Nella sua abissale insensatezza, lo psiconano+barba-Mediaset ha ritenuto di andare a ispezionare i Genovesi che stanno faticosamente rimuovendo tonnellate di fango e detriti dalla loro città.
Potrà negarlo fino alla morte, ma la sua apparizione a Genova non ha nulla a che fare con la solidarietà o la volontà di individuare azioni da proporre per dare un po’ di sollievo alla città e ai suoi valorosi cittadini. Si tratta dell’ennesimo squallido show di un mediocre comico inspiegabilmente assurto a ruolo di leader (apparente) di un movimento tragicamente inconcludente, dominato da servilismo persino peggiore di quello che abbiamo imparato a conoscere nei partiti del tizio decrepito. Sono trascorsi non so quanti mesi da quando ho scritto che Grillo non era una risorsa per il Paese. Sono stato facile profeta. Ovviamente grazie al formidabile contributo di Ca((zz)sal)eggio e del suo patetico pupo.
Tutta la mia simpatia ai Genovesi che l’hanno contestato come meritava. Per la cronaca della giornata vi rimando, tra tanti, a La Stampa: http://www.lastampa.it/2014/10/14/italia/cronache/nord-flagellato-ora-il-maltempo-si-sposta-al-sud-genova-respira-si-indaga-per-disastro-colposo-VimwxvrYSsiXFTp91NHcsK/pagina.html.
Vorrei poter dire: passiamo alle cose serie, ma, purtroppo, che Ca((zz)sal)eggio e Grillo abbiano un ruolo importante nella vita pubblica italiana è un fatto drammatico, quindi maledettamente serio.
Passiamo, quindi, ad altro. A una vicenda piuttosto sconcertante e anche preoccupante, ossia quella del caos (come altro chiamarlo?) al vertice di una delle maggiori aziende italiane, considerata a ragione per anni un esempio straordinario del genio imprenditoriale che riesce a esprimersi nel nostro Paese. Avrete già capito che si tratta di Luxottica. I giornali dedicano da giorni ampio spazio a quel che accade nel colosso della produzione e distribuzione di occhiali, fin dall’estromissione di Guerra dalla carica di Amministratore Delegato. Personalmente, proprio per l’ammirazione e per la stima che Leonardo Del Vecchio ha saputo meritarsi, mi dispiace che stia prendendo decisioni discutibili, capaci di sconcertare il mercato e, soprattutto, gli investitori esteri, i quali hanno iniziato a vendere senza esitazioni il titolo dell’azienda di Agordo, voltando le spalle proprio all’uomo che, forse più di ogni altro, ha rappresentato, anche (o soprattutto) fuori dai nostri confini, un formidabile esempio del talento imprenditoriale italiano.
Mi è piaciuta l’analisi del caso effettuata da Alessandro Plateroti sul Sole 24 Ore di oggi: breve, ma interessante anche perché svolge un paragone tra Luxottica e FCA. La potete leggere qui: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-10-14/credibilita-e-supermanager-063653.shtml?uuid=ABOeEw2B.
Buona stampa. Ciò che temo, e la cosa sarebbe veramente gravissima, è che questa situazione possa far percorrere a Luxottica la strada compiuta da altre eccellenti aziende italiane, finite in mani straniere. Non si tratta di nazionalismo o di campanilismo. Si tratta semplicemente di avvilimento nel vedere che noi sappiamo buttarci via meglio di chiunque altro...
Torniamo per un attimo a Genova prima di ascoltare qualcosa. Un articolo che non ha bisogno di commento e riguarda alcuni premi concessi a dirigenti pubblici. Non vi dico nulla di più, leggetelo: http://www.corriere.it/cronache/14_ottobre_14/genova-dirigenti-disastro-corsa-altri-bonus-63285f34-5361-11e4-a6fc-251c9a76aa3c.shtml.
Buona stampa. Se non si metterà realmente mano a modifiche radicali del rapporto di lavoro nella Pubblica Amministrazione, ci ritroveremo a leggere ancora innumerevoli volte altri articoli che fanno male al fegato, ma anche ad altri organi…
Musica sia. La prima The Nearness of You che ascoltiamo oggi è eseguita da Ella Fitzgerald con Louis Armstrong. Quasi un obbligo dare spazio alla versione di questi due straordinari interpreti del jazz.


Con un bel salto, sia nel tempo sia nello stile, passiamo alla versione, piuttosto lunga, ma assai bella di Paul Bley al piano, con Ron McClure al basso e Billy Hart alla batteria.


E per oggi mi fermo qui, non voglio sparare troppo in fretta tutti i miei colpi.