La nota del Quirinale di ieri, per quanto formalmente
impeccabile, celebra, a mio modesto avviso, la sepoltura della ragionevolezza
in questo sventurato paese, costretto a sacrificare ancora una volta alcuni
valori fondamentali sull’altare degli interessi personali del tizio decrepito.
Considero intollerabile e vergognoso che un Presidente della
Repubblica sia costretto a scrivere un testo come quello di Napolitano che
tutti i quotidiani oggi riportano.
Il contenuto di quelle due pagine è noto non solo a chi
abbia superato un esame universitario di Diritto Pubblico, ma anche a chi,
quando ancora (credo) veniva insegnata nelle scuole medie, abbia avuto la
fortuna di ascoltare qualche lezione della compianta Educazione Civica.
Stiamo scivolando ben oltre il margine di un Maelstrom assai
più spaventoso di quello descritto da Edgar Allan Poe.
I geometri del Partito dei Lacchè si dannano per certificare
la “agibilità politica” (chiedo perdono a Dante, Leopardi, Manzoni, ecc. per
quest’affronto alla lingua che loro hanno innalzato ai vertici della cultura
mondiale) del loro padrone, immagino preoccupati che la sentenza della Corte di
Cassazione possa impedirgli di proseguire a promettere rivoluzioni liberali e
riforme di questo e quello senza realizzare alcunché, come ha fatto da quando
(altro irrimediabile torto alla nostra lingua) ha deciso di “scendere in
campo”. O, più plausibile, preoccupati di perdere la sorgente del loro potere,
della loro notorietà, della loro prosperità condita di privilegi.
E ce n’è anche per i sedicenti avversari del tizio
decrepito, perché anche per loro il suo allontanamento dalla politica
comporterebbe l’obbligo di affrontare seriamente i problemi del paese e,
possibilmente, risolverli, sacrificando potere e prebende. Cosa che, quando
hanno avuto modo di fare, guarda un po’!, pure loro hanno mancato di fare,
perdendosi in beghe da servette esattamente come accade tutt’ora.
E mi dispiace che il Corriere della Sera e Antonio Polito si
siano resi complici di questo ennesimo oltraggio agli italiani con l’editoriale
odierno, anch’esso formalmente impeccabile, ma per ciò stesso più
insopportabile: http://www.corriere.it/editoriali/13_agosto_14/una-via-ragionevole-antonio-polito_c4e81992-049a-11e3-a76b-5d1a59729335.shtml.
Mala stampa.
Viene da chiedersi perché mai Ferruccio De Bortoli abbia
scritto questo editoriale alcuni mesi fa (6 dicembre 2012), che vi ho segnalato
a suo tempo: http://www.corriere.it/editoriali/12_dicembre_06/debortoli-zattera-medusa_980e814c-3f6d-11e2-823e-1add3ba819e8.shtml.
Evidentemente se n’è dimenticato.
Sono passati otto mesi da allora: ci sono state le elezioni,
la lunga farsa bersaniana, la conferma di Napolitano nel modo che sappiamo, la dimostrazione
del velleitarismo offensivo e surreale del movimento dello Psiconano+barba-Mediaset
e tanto altro che ben conoscete. E ancora oggi ci si perde in un labirinto di
follia istituzionale che ci rende sempre più ridicoli agli occhi del mondo. E
la colpa è sì del tizio decrepito, ma non soltanto sua.
L’ho scritto già nei mesi scorsi, ma non so evitare di
ripetermi (perdonatemi, se potete): abbiamo bisogno di ben altro. Da parte di
tutta la classe dirigente italiana, ammesso ci sia e possieda i requisiti
necessari. Il che, temo, non è.
Buona notte e buona fortuna.
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