Poco tempo per leggere a sufficienza i giornali e troppa
insofferenza per quello che ho letto sono le ragioni di queste due settimane di
silenzio.
In Italia, come in Europa e nel mondo, mi sembrano mancare eventi
capaci di suscitare non già entusiasmo, ma neppure una tenue fiducia.
Certo, qualche piccolo segno positivo si può vedere. Ad
esempio i dati sull’economia della Grecia indicano che il nostro vicino sta cogliendo
i primi, fragili frutti della spietata austerità imposta da FMI, BCE e Unione
Europea. Che cosa preoccupa nel quadro di miglioramento della situazione greca?
Guarda un po’: la politica. Ecco un pezzo dal Financial Times che vi dice
meglio quel che ho banalmente riassunto: http://www.ft.com/intl/cms/s/0/b1d24fde-6c0f-11e4-b1e6-00144feabdc0.html?siteedition=intl#axzz3JDkG5T4q.
Buona stampa.
A Brisbane si è appena concluso il vertice del G20 e, come
di consueto, i comunicati finali cercano di accreditare l’immagine di intese
cruciali per il miglioramento della vita nel nostro maltrattato pianeta.
Andassimo a riprendere tutti comunicati dalla prima di queste riunioni di
leader mondiali, scopriremmo che le piaghe della Terra dovrebbero essere state
già tutte estirpate, mentre sono ancora tutte là, magari incancrenite. Quanto a
Brisbane, il vero argomento sembra essere stato l’Ucraina e la disinvoltura
russa nel giocare con le armi e i soldati. E, infatti, Putin se n’è andato via
prima della fine dei lavori: un segno per niente positivo, che dimostra come il
Presidente russo fatichi a riconoscere di essersi cacciato in una strada senza
uscita e non voglia perdere la faccia, anche se la sua politica estera
arrogante e spregiudicata sta causando gravi conseguenze economiche al suo
paese. Ecco una sintesi sulla conclusione del G20 dal Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-11-16/g20-si-ad-azioni-forti-evasione-fiscale-e-cambiamenti-climatici-putin-lascia-vertice-anticipo-095213.shtml?uuid=ABpllWEC.
Cronaca.
E veniamo all’Italia. Non parlerò di politica, o almeno non
tanto o non direttamente.
La situazione del Nord Ovest del Paese, in particolare
quella di Genova, lascia sgomenti. Non c’è dubbio che perturbazioni del tipo e
della frequenza di quelle che si stanno abbattendo su di noi sono una “novità”.
Ma non c’è dubbio che, comunque, si sia fatto ben poco per predisporre difese
adeguate. E sembra quasi una beffa leggere che il sindaco di Genova invita i
suoi concittadini a salire ai piani alti delle case, mentre i dirigenti
pubblici preposti al riordino idrogeologico della città ricevono premi senza
aver prodotto il benché minimo risultato. Non è facile, ma Doria potrebbe
provare a cacciarli. E, forse, anche a cacciare se stesso e convincere Burlando
a fare altrettanto (se tornate al post del 12 ottobre trovate i riferimenti).
Anche il sindaco di Roma farebbe meglio a togliere il
disturbo. La vergognosa vicenda delle violazioni del codice della strada da
parte della sua auto dimostra come anche Marino, come quasi tutti i colleghi,
presupponga di non dover dare il buon esempio e intenda il pubblico incarico
come una condizione che libera dal dovere di rispettare la legge.
Mi fermo qui sui politici. Se proseguissi, lo ammetto, il
tono cambierebbe e finirei per violare il patto con me stesso sullo stile del
blog…
Veniamo, piuttosto, a un caso che ha, almeno per me,
dell’incredibile. Venerdì il Corriere della Sera non ha trovato niente di
meglio da fare che celebrare l’ottantesimo compleanno del proprietario del suo
principale concorrente: Carlo De Benedetti, l’uomo che possiede il gruppo
editoriale L’Espresso.
Il regalo di compleanno del quotidiano milanese è stato
un’intervista realizzata niente meno che da Aldo Cazzullo, una firma di punta
del Corriere, del quale, onestamente, io fatico a vedere il valore: http://archiviostorico.corriere.it/2014/novembre/14/Renzi_energico_spregiudicato_ricorda_Fanfani_co_0_20141114_15fe274e-6bca-11e4-88ab-5f9ad988ed19.shtml.
Mala stampa. La sola spiegazione che mi do per l’intervista
è che sia stata sollecitata. Il fatto che a farla sia stato Cazzullo, che mi
ricorda un juke-box, pare confermarlo. E pare confermare anche che il direttore
a termine (sic!) De Bortoli ha deciso di uscire di scena ancor peggio di quanto
già stia facendo avendo accettato la ridicola permanenza fino alla prossima
primavera.
Venendo a Carlo De Benedetti, che è il fratello di Franco
Debenedetti (chi avrà ragione nello scrivere il proprio cognome?), è un
personaggio quanto meno controverso e, in tutta onestà, mi pare difficile
additarlo come simbolo dell’imprenditoria di successo del nostro paese. Non
vedo molto in comune tra lui e personaggi come Del Vecchio o Bombassei, tanto
per fare due nomi.
Alle sue spalle, accanto a pochi successi, De Benedetti ha
anche più di un insuccesso, qualche grana con la Giustizia, operazioni oscure (i cento giorni in Fiat e, più oscura di tutte, la
breve permanenza nel Banco Ambrosiano, da cui uscì con un utile abbastanza
sorprendente) o incredibilmente velleitarie (la scalata, si fa per dire, al
gruppo bancario belga Societè Generale). E, come molti dei suoi colleghi, nel
tempo non ha resistito al fascino dei settori a bassa intensità concorrenziale,
ottenendo anche qui risultati non proprio lusinghieri, come dimostra la fine
ingloriosa di Sorgenia.
No, proprio non capisco perché Cazzullo sia andato a
intervistare De Benedetti, anzi, lo capisco e capisco anche perché abbia
lasciato a casa anche la minima traccia di coraggio, così che si è trattato più
di un monologo che di un dialogo.
La storia ha un’appendice che sarebbe divertente se non
fosse la rappresentazione drammatica che il nostro Paese è ancora lontano
dall’essere una vera economia industriale moderna. La figlia del tizio
decrepito non ha trovato niente di meglio da fare che dire la sua, a fronte
delle considerazioni di De Benedetti sul gruppo Fininvest. E qui, come si dice,
il bue ha dato del cornuto all’asino. Perche Marina Berlusconi può far tutto,
ma non certo impartire lezioni di libera impresa, visto che la principale
azienda della sua famiglia è nata e si è sviluppata prima in (gradita) assenza
di legge, poi in presenza di normative piuttosto favorevoli. E anche considerando
che il padre nell’occuparsi delle vicende italiane non ha trascurato di
occuparsi, e anche abbastanza, delle sue personali e di quelle delle sue
aziende.
Lasciamo perdere. Un paio di ascolti musicali di grande
livello sono quel che ci serve. Allora ecco due pianisti, due straordinari
talenti, Bill Evans e Michel Petrucciani, dei quali vi ho già proposto altri
brani. Oggi li mettiamo a confronto con un famoso pezzo di Henry Mancini, autore
di moltissime colonne sonore, in particolare dei film del grande Blake Edwards
(http://en.wikipedia.org/wiki/Henry_Mancini):
Days of Wine and Roses.
Cominciamo con Bill Evans e il suo trio.
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