Il titolo è ironico, ma l’argomento è di quelli sui quali
non si scherza.
La carcerazione preventiva, la detenzione cui può essere
soggetto un indagato prima ancora del processo, mi pare che venga impiegata da
alcune procure come uno strumento di pressione al fine di ottenere la
“collaborazione” del recluso. Un sostituto non proprio blando dei metodi che
Beccaria, Pelli, Manzoni e altri hanno contribuito a estirpare dagli
ordinamenti delle nazioni europee.
Credo che siate d’accordo con me sul fatto che questo
atteggiamento non fa onore alla nostra Magistratura e che sia uno dei tanti
aspetti di quel fenomeno complesso che è il pessimo funzionamento del sistema
giudiziario italiano. Soprattutto se consideriamo che la maggioranza delle
persone detenute in Italia sono in attesa di giudizio.
L’argomento, ovviamente, è reso attuale dalla decisione di
Giancarlo Galan di chiedere il patteggiamento per i reati che gli vengono
contestati in relazione alla vicenda delle paratie mobili della laguna di
Venezia, note come Mose. E’ una delle notizie del giorno, della quale danno
conto quasi tutti i quotidiani. Come di consueto in questi casi, vi segnalo un
paio di alternative:
http://www.lastampa.it/2014/10/08/italia/politica/mose-galan-chiede-il-patteggiamento-Bf7ltCxwxahnME4bqBEyAP/pagina.html
e http://www.ilgiornale.it/news/cronache/mose-galan-chiede-patteggiare-pena-1058070.html.
Cronaca. In una situazione come quella di Galan, ognuno è
libero di difendersi e comportarsi come meglio crede. E qualsiasi valutazione
sarebbe fuori luogo. Quindi non dico nulla sul suo caso personale.
Non posso, tuttavia, fare a meno di osservare come, poco per
volta, la maggioranza dei personaggi coinvolti nella vicenda del Mose abbia
patteggiato, così confermando che le ipotesi della Procura di Venezia non erano
poi infondate. Un esito che non mi pare affatto soddisfacente. Condivido, al
riguardo, l’amarezza del commento di Alessandro Zuin sul Corriere del Veneto: http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2014/9-ottobre-2014/galan-non-sapremo-verita-ma-condanna-gia-arrivata-230308540249.shtml.
Buona stampa. Non sono esperto di materie giuridiche (voi
tre potreste, a ragione, affermare che non sono esperto di niente), tuttavia ho
l’impressione che il patteggiamento, introdotto per ridurre il numero e la
durata dei processi, e le varie misure sulla prescrizione emanate negli ultimi anni si combinino così da
impedire una vera Giustizia. Forse sarebbe il caso, per alcuni reati, di
escludere la possibilità di patteggiare la condanna e rimodulare i termini per
la prescrizione. E’ a dir poco irritante che in una vicenda come quella del
Mose e del Consorzio Venezia Nuova debbano restare ampie zone d’ombra, buchi
neri giudiziari non così diversi da quelli in cui sono sparite enormi somme di
denaro pubblico.
E ciò che rende ancor più sgradevole questa situazione è pensare
che le cose sarebbero andate diversamente se il Parlamento avesse (finalmente!)
promulgato le norme sull’autoriciclaggio che non trovano mai la strada per
l’approvazione. Come accade a quelle sui capitali rimasti ancora all’estero
dopo ben tre generosi condoni.
A pensare male si fa peccato, ma ci si azzecca: finché
esistono capitali all’estero esiste la provvista per le tangenti e un sicuro
luogo di destinazione delle stesse e finché l’autoriciclaggio non è reato i
corrotti hanno maggiori possibilità di cavarsela…
Buona notte e buona fortuna.
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