Il primo argomento di oggi è controverso e io non ho ancora un’opinione definitiva a riguardo. E’ legittimo, come ha fatto Ilaria Cucchi, pubblicare su Facebook la foto di uno dei presunti autori del pestaggio che ha portato alla morte suo fratello? Ripeto, personalmente sono tuttora incerto e fatico a dare una risposta alla domanda. Certo, si tratta di un caso, uno tra i tanti e, forse, non il peggiore, in cui la rete viene usata in maniera da sostituire, ceteris paribus, strumenti che la nostra civiltà ha deciso di non utilizzare più, come, ad esempio, la gogna, perché violano diritti fondamentali della persona. D’altro canto, i diritti della persona sono stati violati in maniera intollerabile da parte di coloro che hanno sottoposto il fratello di Ilaria Cucchi a violenze immotivate e smodate, causandone la morte, e che hanno poi depistato le indagini. Si tratta di persone che avrebbero dovuto proteggere la vita di Stefano Cucchi così come dovrebbero proteggere quella di chiunque: sono persone al servizio dello Stato e devono garantire la sicurezza dei cittadini, tutti i cittadini, anche quelli che possono aver violato la legge, ma non costituiscono un pericolo per l’incolumità di nessuno, salvo, eventualmente, la propria.
Ripeto: rimane, al momento, una vicenda nella quale non so, forse non voglio, schierarmi da un parte o dall’altra.
Fatico, tuttavia, a non confessare che questo episodio, come altri simili, insinua in me seri dubbi sulla capacità dello Stato italiano di rispettare in maniera adeguata il patto con i cittadini che è alla base della convivenza civile in uno stato di diritto. Ho l’impressione che, a tutti i livelli delle varie aree della pubblica amministrazione, si sia dimenticata l’esistenza di questo patto e si siano persi di vista gli obblighi che da esso derivano a chi, qualunque grado abbia nella gerarchia e in qualsiasi campo sia impegnato, incarna e rappresenta lo Stato. Purtroppo, questo è il paese in cui uno dei più longevi e potenti esponenti della politica, Giulio Andreotti, ebbe l’ardire di pensare, prima ancora di dire, che l’Avvocato Giorgio Ambrosoli, liquidatore della Banca Privata Italia ucciso da un sicario mandato da Sindona, “se l’andava cercando”, rivelando con ciò quanto fosse profondo e devastante il suo disprezzo per coloro i quali avevano assunto con totale dedizione un impegno verso i propri concittadini.
Questa mancanza di considerazione per valori fondamentali di una moderna democrazia, temo, si è diffusa in profondità e in varia forma nella pubblica amministrazione italiana, in questo aiutata validamente dalla classe politica che, degna erede di Andreotti, ormai da tempo ha dimenticato quali dovrebbero essere i suoi obiettivi e i suoi comportamenti.
Secondo argomento: Matteo Renzi. Una novità, vero? Lo so, rischio di annoiare, ma lui sta annoiando me con la sequenza inesauribile di dimostrazioni di inadeguatezza al compito che ha preteso per sé. Già domenica avevo segnalato in fatto che avrebbe presenziato alla prima giornata di contrattazione del titolo Ferrari alla Borsa di Milano. Così è stato. Una presenza che, anche per le considerazioni svolte da Renzi nell’occasione, accentua i dubbi sulla sua capacità di vivere il proprio ruolo con la discrezione e l’autorevolezza che sarebbero necessarie. Se ogni occasione è buona per fare il piazzista di se stesso, inevitabilmente si deve fare il piazzista anche per l’eventuale padrone di casa. E questo, ovviamente, giustifica il titolo de Il Fatto Quotidiano di oggi:
e giustifica anche questo articolo: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/04/ferrari-renzi-al-debutto-a-piazza-affari-con-marchionne-e-elkann-ma-ormai-il-cavallino-e-olandese/2346817/.
Buona stampa. Soprattutto perché si sottolinea la differenza di trattamento riservata da Renzi alla quotazione di Poste Italiane e Fincantieri, di ben altro rilievo per la situazione economica del paese, quindi per il futuro dei cittadini tutti. Quella della Ferrari, magari sbaglio, riguarda solo un’esigua parte degli italiani…
Passiamo alla guerra contro i nostri consueti nemici. Oggi vi propongo un brano molto lungo, scelto per commemorare uno dei leader del gruppo che lo esegue, il pianista canadese Paul Bley (https://en.wikipedia.org/wiki/Paul_Bley), di cui vi ho già fatto ascoltare la splendida interpretazione di The Nearness of You (http://ilmiosecchiellodacqua.blogspot.it/2014/10/non-sentivano-certo-il-bisogno-di-lui.html).
Il pezzo che ho scelto è Little Girl Blue, tratto dall’album Diane, pubblicato nel 1985 dalla danese Steeplechase Records e “attribuito” a Chet Baker. In realtà Bley ha svolto un ruolo fondamentale e la sua collaborazione è stata preziosa per Baker, che accanto al pianista canadese ha conosciuto un momento magico al termine della carriera. Voi, comunque, sapete quanto mi piace Chet Baker, quindi non aggiungo altro. Potete dire voi cosa ne pensate, mi farebbe piacere.
P.S. Credo sia chiaro chi è l'altro piazzista cui alludo. Sbaglio?
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