Il 31 dicembre del 2013 un barile di petrolio WTI (West Texas Intermediate, con il Brent del Mare del Nord riferimento sui
mercati internazionali) costava 98,42 dollari. Venerdì 12 dicembre di
quest’anno, l’altro ieri, la quotazione è stata di 57,81 dollari. In
percentuale, il prezzo di questa qualità di petrolio in circa dodici mesi è
calato del 41,26%.
Temo che ben pochi italiani se ne siano accorti direttamente
acquistando derivati del petrolio o prodotti il cui prezzo è legato a quello
del petrolio (come il gas per uso domestico e l’elettricità). I prezzi alla
pompa del gasolio e della benzina, infatti, mostrano la consueta vischiosità e,
mentre salgono immediatamente quando il barile diventa anche leggermente più
costoso, sembrano non riuscire mai ad adeguarsi rapidamente quando avviene il
contrario.
In parte tale vischiosità è conseguenza della quantità e
delle modalità di calcolo dei prelievi di natura fiscale che lo Stato ha
accumulato nel tempo. Non so quanti di voi tre lo ricordino, ma ancora oggi, quando
facciamo il pieno alle nostre auto, contribuiamo con qualche centesimo di euro
alla ricostruzione della zona del Belice terremotata nel 1968 (sic).
Pesa, altresì, nel mancato rapido aggiornamento dei prezzi
anche il comportamento delle aziende petrolifere, le quali traggono beneficio
dalla condizione di oligopolio in cui operano, sfruttando, soprattutto nei
periodi in cui i consumi s’impennano (ad esempio in corrispondenza di vacanze e
di festività), una legislazione che consente loro di muoversi con tutta calma
nell’adeguare i prezzi alle medie europee.
E questo la
dice lunga a proposito delle liberalizzazioni e dello stimolo alla concorrenza
che avrebbero posto in essere in governi che si sono succeduti negli ultimi
vent’anni… Lasciamo stare. Sul tema c’è da farsi venire il mal di fegato.
Passiamo, invece, a valutare il contributo che il calo del
prezzo del petrolio potrebbe dare alla ripresa della nostra economia gravemente
sofferente.
Lo facciamo grazie a un articolo di Guido Tabellini apparso
ieri su Il Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-12-13/le-due-facce-crollo-greggio-110816.shtml?uuid=ABarDKQC&fromSearch.
Buona stampa. Alcune considerazioni meritano di essere
riprese per sottolinearle. In particolare copio e incollo un passaggio
importante: Il calo di 50 dollari,
rispetto ai 110 dollari su cui si era stabilizzato negli ultimi anni, rappresenta
un risparmio, sui 4,2 miliardi di tonnellate di petrolio consumati all’anno, di
1700 miliardi di dollari, circa l’1,5% del Pil mondiale. Soldi questi che
finiranno soprattutto nelle tasche degli automobilisti, nel mondo quasi un
miliardo, e che saranno più bravi nel spenderli, per attivare l’economia
globale, rispetto ai gestori dei ricchi fondi sovrani dei Paesi produttori.
Non c’è dubbio che, per consumatori provati dalla lunga
crisi, ritrovarsi qualche soldo in tasca grazie al minor prezzo dei carburanti
dovrebbe costituire uno stimolo all’acquisto di altri beni e, quindi, favorire
una generale ripresa della domanda nel proprio Paese. Questo è tanto più vero
quanto più il prezzo dei carburanti si adegua rapidamente e proporzionalmente
alla diminuzione di quello del petrolio. Come ho osservato sopra, non è il caso
dell’Italia. Quindi non potremo contare su questo stimolo nella stessa misura
degli altri paesi.
Lo stesso ragionamento vale per i prezzi di quei beni e
servizi che sono più o meno direttamente correlati con quello del petrolio, in
particolare gas ed elettricità. Tabellini spiega che anche in questo caso,
soprattutto per quel che riguarda l’elettricità, non potremo contare sui
vantaggi che avranno altrove i consumatori perché la bolletta è da noi caricata
di oneri impropri di varia natura.
Tutto questo per dire che abbiamo di fronte a noi
un’opportunità che non dovremmo sprecare. Il prezzo del petrolio non resterà
così basso in eterno. Io non sono certamente in grado di prevedere quanto
durerà questo andamento (magari lo fossi, potrei farmi pagare un po’ la mia
scienza). Immagino, tuttavia, che trattandosi di una situazione creatasi
soprattutto per precisi intenti politici da parte di Arabia Saudita e USA,
durerà ancora il tempo necessario per causare le conseguenze volute su Iran e
Russia, principali obiettivi di questa manovra sul prezzo del greggio.
Dunque c’è una finestra abbastanza ampia a nostra
disposizione per amplificare gli effetti dello stimolo all’economia che viene
da questa condizione di vantaggio. Abbiamo la possibilità di recuperare somme
significative in grado di favorire la ripresa della nostra economia fiaccata da
troppi mesi di recessione. Servono misure incisive, azioni volte a far sì che i
risparmi sul fronte della “bolletta energetica” fungano realmente da stimolo
all’inversione di tendenza, attraverso la ripresa della domanda da parte delle
famiglie e delle imprese, soprattutto quelle agricole e industriali. Incluse
azioni volte a ridurre il prelievo fiscale sui derivati del petrolio e a
premere sulle compagnie petrolifere affinché abbassino i prezzi quanto devono.
Come sarebbe consolante vedere che i politici italiani ne
sono consapevoli e che stanno mettendo a punto gli interventi necessari per dar
modo al Paese di trarre tutti i benefici possibili dall’andamento dei mercati
petroliferi e di quelli che ne imitano le dinamiche.
Vi sembra che i politici siano impegnati in questo o che si
dedichino ad altro?
Lascio la risposta a questo articolo de La Repubblica: http://bologna.repubblica.it/cronaca/2014/12/13/news/civati_se_renzi_non_cambia_nascer_nuovo_partito_a_sinistra-102802310/.
Cronaca.
E lascio la risposta anche all’editoriale di oggi del
direttore de La Stampa, Mario Calabresi: http://www.lastampa.it/2014/12/14/cultura/opinioni/editoriali/se-il-paese-non-si-libera-del-passato-5XPx0aIgjqpvNKeIjRZX2M/pagina.html.
Buona stampa. Calabresi dice tutto quel che andava detto e
che va ripetuto finché, speriamo, verrà compreso.
E a Pippo Civati, uno di quelli che non sanno perdere e che pretendono
di imporre la propria opinione alla maggioranza del partito (democraticamente
eletta), suggerirei la lettura del pezzo di Lina Palmerini su Il Sole 24 Ore di
ieri: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-12-13/le-risposte-che-mancano-sinistra-110313.shtml?uuid=ABpr1JQC&fromSearch.
Buona stampa. Lina Palmerini contribuisce molto validamente
alla rubrica Politica 2.0, che ha sostituito quella di Stefano Folli, passato a
La Repubblica.
Che poi Civati e soci, anche leggendo quell’articolo,
capiscano, beh… mi permetto di dubitare. Se non l’hanno fatto finora,
evidentemente, non lo faranno mai. Loro hanno in mente altro. Se poi questo
“altro” non ha nulla a che fare con il futuro degli italiani, poco importa.
Loro si preoccupano soltanto del proprio futuro. Ebbene, a me del futuro di
Civati non importa nulla, anzi no, m’importa che sparisca dalla vita politica
italiana in compagnia dei tanti come lui. Gente che pretende di imporre la sua
visione anche se è condivisa da meno dello 0,0… % della popolazione. Gente che
continua a guardare la realtà con gli occhiali che andavano bene, forse,
trent’anni fa. Gente che, se mai si sognasse di sporcarsi le mani, cercherebbe
di aprire un pc portatile con la chiave del 26.
Sì, il destino politico di Civati m’interessa davvero:
voglio che la sua carriera politica finisca. Finisca il più rapidamente
possibile. E, con la sua, quella di D’Alema, Bersani, Camusso, Landini e via
dicendo. Questi, se mai andassero al governo, affonderebbero l’Italia nel
volgere di poche settimane. Non credo, però, che andranno mai al governo perché
ben pochi condividono le loro idee e i loro progetti e loro non hanno ancora
capito che per vincere bisogna convincere e non pontificare con la puzza sotto
al naso, con la presunzione di essere i soli onesti e intelligenti.
Di solito, la Ditta e i suoi soci riescono bene a perdere o
a far vincere l’avversario. Come giustamente osserva Palmerini.
Potremo mai perdonare chi sta cercando di favorire il tizio
decrepito (per l’ennesima volta), Salvini, lo psiconano+barba-Mediaset?
La mia risposta, lo immaginate già, è un enorme e definitivo no.
Buona notte e buona fortuna.
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