giovedì 25 febbraio 2016

Contro la logica e contro la storia

Il 22 febbraio l’editoriale del Corriere della Sera era firmato da Ernesto Galli della Loggia e si occupava di un argomento senz’altro importante, ossia la necessità che la politica italiana, e in particolare Matteo Renzi che ne è alla guida, si dia, e dia al paese, un quadro culturale di riferimento. Ecco il collegamento: http://www.corriere.it/cultura/16_febbraio_22/egemonia-ha-bisogno-un-idea-necessario-restarle-fedeli-af16a554-d8da-11e5-842d-faa039f37e46.shtml.
Buona  stampa. Dalla quale emerge il divario profondo che esiste tra le esigenze fondamentali di una nazione e la capacità dei politici attuali di soddisfarle in modo adeguato, esercitando in modo effettivo la propria (eventuale) leadership.  
La distanza tra ciò che la capacità di guida politica è e quello che dovrebbe essere non costituisce soltanto un problema italiano, ma il nostro caso mi pare ben più grave degli altri perché Renzi altro non è che un ulteriore passaggio nel processo di deterioramento cui abbiamo assistito nell’ultimo trentennio. Un periodo nel quale la classe dirigente ha subito uno scadimento costante, mentre nella società, anche per l’esempio offerto dalle presunte élite, si sono affermati pessimi modelli pseudo culturali, capaci di indebolire radicalmente il sistema di valori che una moderna nazione civile dovrebbe avere.
Quando ci lamentiamo della mediocre qualità della vita nel nostro paese, ci dimentichiamo facilmente che siamo tutti responsabili, perché ognuno di noi (i migliori magari poche volte e forse inconsapevolmente) viola i diritti degli altri, intesi sia come singoli che come collettività. Il circolo vizioso, tuttavia, potrebbe essere arrestato, ma perché ciò accada è indispensabile che la classe dirigente, in particolare politici e alte gerarchie delle pubbliche amministrazioni, abbandoni la vergognosa tutela dei propri privilegi e la non meno intollerabile prassi di violare le norme da lei stessa promulgate. Detto altrimenti: offra un esempio decente.
Sul tema, vorrei suggerirvi di leggere un articolo di Giovanni Belardelli pubblicato dal Corriere il 15 febbraio: http://www.corriere.it/opinioni/16_febbraio_16/consapevolezza-che-serve-paese-furbi-benedetto-croce-riforme-prezzolini-64c9b5e0-d402-11e5-ad4b-f58d2f08a6c7.shtml#.
Buona stampa. Anche se un po’ troppo garbata… con questa classe dirigente le buone maniere forse non andrebbero più usate, mi sembra non lo meriti affatto.
Come ho accennato sopra, l’assenza di una cultura condivisa che animi gli sforzi collettivi e che sia usata dalla classe politica come elemento unificante e trainante non è un problema soltanto italiano. L’Europa, purtroppo, è l’esempio più convincente del fatto che in gran parte delle nazioni anche i leader migliori hanno rinunciato al proprio ruolo, che è appunto quello di guida, e si affannano a inseguire anche le peggiori pulsioni popolari, senza neppure farsi sfiorare dal dubbio che dovrebbero agire per frenare determinate tendenze anziché esaltarle e farle proprie.
Al centro dell'attenzione c'è in questi giorni il Regno Unito, che si avvia a celebrare un referendum per decidere se restare nell’Europa comunitaria o uscirne, un caso nel quale Cameron si è rivelato assai poco diverso da tutti i suoi colleghi europei. Ecco un articolo di Leonardo Maisano da Il Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2016-02-24/cosi-finanza-ed-economia-hanno-gia-votato-si-075700.shtml?uuid=ACrV8vaC&fromSearch.
Buona stampa. Per cercare il consenso, Cameron ha alimentato il diffondersi nel suo paese di convinzioni largamente infondate e ora rischia seriamente di veder prevalere, con conseguenze che i più prevedono fortemente negative, i sostenitori del no all’Europa.
Come anche Maisano sottolinea, appare sconcertante che tutto questo accada mentre la Borsa di Londra e quella di Francoforte stanno discutendo la possibilità di fondersi, creando uno dei più grandi mercati finanziari del mondo. Ancora non si ha la certezza che l’operazione si concluda in maniera positiva, tuttavia appare paradossale l’affermarsi di idee e movimenti che privilegiano il nazionalismo in ogni sua forma, quindi anche in ambito economico, quando le imprese si muovono in direzione esattamente contraria e, ormai, un’azienda difficilmente può raggiungere un successo duraturo se non ha una dimensione internazionale (il che non significa essere necessariamente multinazionale). La realtà economica, con tutti i suoi difetti, è fatta di mercati che si integrano e di imprese, ma anche consumatori e investitori, che operano in ogni area del mondo.
Guardate questo grafico, prodotto da Statista.com, che illustra il valore (in trilioni di dollari) delle fusioni e acquisizioni societarie nel periodo 2007-2014. Sono comprese anche le operazioni effettuate tra società di una medesima nazione, ma prevalgono quelle che coinvolgono operatori di due nazioni diverse.


Se avete più tempo, potete leggere un rapporto della Thompson Reuters che presenta un’analisi completa del fenomeno per l’intero 2014 (è l’ultima disponibile gratuitamente): http://dmi.thomsonreuters.com/Content/Files/4Q2014_Global_MandA_Financial_Advisory_Review.pdf.
Ancora un’indicazione sulle dimensioni di questa tendenza dell’economia mondiale, un articolo da Il Sole 24 Ore che mostra il dinamismo cinese su questo fronte: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2016-02-03/la-cina-non-si-ferma-piu-un-mese-68-miliardi-investimenti-all-estero-205836.shtml?uuid=AC2Vb7MC&fromSearch.
Cronaca.
Mi fermo qui e non aggiungo quasi nulla, perché sono sicuro che avete capito perfettamente qual’è il punto che voglio mettere in evidenza. La politica che, in troppi paesi, cavalca il nazionalismo e l’isolazionismo va contro alla tendenza all’integrazione su scala planetaria, al fatto che il mondo si muove ormai largamente su modelli condivisi e su interazioni sempre più strette. E’ antistorico e controproducente opporsi a questa tendenza. Meglio sarebbe cercare di governarla a livello internazionale in maniera adeguata, attenuando gli scompensi e le iniquità che essa produce, ma consentendole di produrre i benefici che, oggettivamente, essa può portare.
Veniamo alla musica. Oggi do spazio a un grande italiano del XVIII° secolo: Antonio Vivaldi. L’ho proposto troppo poco prima d’ora, solo una volta. Ecco quindi un pezzo abbastanza lungo, per compensare un torto, anche se, onestamente, faccio torto a tanti grandissimi musicisti di tutte le epoche e di tutti i generi. La musica, checché ne pensino gli stolti che la combattono e vorrebbero cancellarla dalla faccia della terra, è una straordinaria e smisurata sorgente di felicità e di piacere.
Dunque, Vivaldi. La Tempesta di Mare, concerto per violino e archi.


E poi George Harrison, che oggi avrebbe compiuto 73 anni. Una delle sue composizioni più famose portate al successo da The Beatles è senz’altro la stupenda While My Guitar Gently Weeps.


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