Voi tre sapete bene (al punto di non poterne più, temo)
quanto profonda sia la mia disistima per la classe dirigente italiana e quante
volte abbia lamentato le gravi conseguenze derivate al paese dalla mediocrità
della stessa.
Nelle ultime settimane, quasi a volermi costringere a
riprendere la questione, si sono susseguite vicende che dimostrano, una volta di
più, la mancanza di qualità morali, culturali e intellettuali in gran parte di
coloro che occupano posizioni sia di grande sia di modesto rilievo in ambito
pubblico come in ambito privato. Un breve elenco non esaustivo: Expo, caso
Scajola-Matacena, Banca Carige, lite tra Bruti Liberati e Robledo nella Procura
di Milano, Unipol-Fonsai e ruolo di Consob.
Non c’è nulla da ridere, ma proviamo ad attenuare la rabbia
con le parole di Gramellini dal Buongiorno del 21: http://www.lastampa.it/2014/05/21/cultura/opinioni/buongiorno/fronte-degli-sfrontati-zBv9HXezHxpEifFmat2KaK/pagina.html.
Buona stampa.
Non è facile, alla luce di comportamenti come quelli citati
da Gramellini e dei casi da me elencati sommariamente, resistere al desiderio
di disertare le urne o di affidare al voto il valore di una rabbiosa protesta.
Eppure è necessario farlo. E’ necessario cercare una soluzione che costruisca e che non distrugga quel che di buono ancora abbiamo.
Proprio la gravità delle condizioni italiane impone che si
cerchi di ridare spazio alla politica, quella vera, quella che affronta e
risolve i problemi.
Abbiamo già perso vent’anni per le promesse del tizio
decrepito, in tutt’altre faccende tanto affaccendato da non avere, in effetti,
nessuna volontà di incidere realmente sul sistema italiano, i cui difetti ha
anzi favorito, sia personalmente (con le parole e con i comportamenti) sia
attraverso la selezione di collaboratori preferiti soltanto per la propensione
al servilismo.
Vent’anni nei quali, il fronte opposto al tizio decrepito ha
contribuito al deterioramento della situazione rafforzando il proprio rapporto
spurio con pezzi cruciali dell’apparato statale e del settore privato, così da
mantenere integro il sistema di potere che garantiva la sopravvivenza (e altro). E anche in questo campo, va sottolineato, la selezione è stata assai
poco attenta.
Tutto ciò, sia chiaro, è anche colpa nostra. Siamo stati
noi, con il nostro voto, a mantenere in vita questo sistema. E anche quando
abbiamo espresso la nostra insofferenza, i partiti che avevano inteso
rappresentare la protesta (ad esempio Lega o Italia dei Valori) hanno finito
per dimostrarsi assai poco diversi dagli altri, pronti a dimenticare il proprio
asserito rigore morale non appena in vista di qualche interessante posizione di
potere.
La rabbia non è mai una buona consigliera. Soprattutto
quando spinge a trascurare o ignorare i difetti anche troppo evidenti di chi
promette di dar fiato a quella rabbia. Con la rabbia si distrugge, non si
costruisce. La rabbia acceca, mentre è necessario avere la vista acuta per
scegliere a chi affidare il destino del paese.
Cosa serve all’Italia oggi? Quanti italiani hanno diritto di
decidere del proprio futuro? E’ un diritto che spetta a tutti o soltanto a
quelli che, tra la minoranza che ha accesso a internet, frequenta determinati
siti e lì esprime la propria opinione? Uno stato democratico si basa su
principi condivisi e opportunamente individuati oppure su procedure oscure,
architettate da pochi e accettate da un’esigua minoranza?
Non ci servono processi sommari attraverso i blog di
qualcuno. Ci servono programmi, provvedimenti coraggiosi, sacrifici equi,
serietà e credibilità per contrastare le pretese irragionevoli dei nostri
partner internazionali… insomma, serve autentica politica.
E serve ricordare che Politica è parola strettamente
collegata ad altri termini: ad esempio Collettività e Interesse Generale.
Questo dobbiamo aver ben presente. E far di conto con
intelligenza: le percentuali di voto attribuite ai partiti sono, per l’appunto,
la quota di schede elettorali valide ottenuta da ciascun partito. In Italia
come altrove, un partito potrà avere una maggioranza relativa o anche assoluta
dei voti (improbabile), ma nessuno avrà quella della popolazione. E in una
democrazia, il vincitore delle elezioni non dovrebbe trascurare tale aspetto.
In una vera democrazia, riprendendo a modo mio una famosa
frase di Churchill, credo che mai tanto pochi possano imporre le proprie
opinioni a tanti. Soprattutto se quei pochi hanno opinioni inconciliabili con i
principi fondamentali di uno stato di diritto e di un’autentica democrazia.
Ci lasciamo con la musica. Il primo suggerimento è per un grande del jazz, di cui vi ho già
proposto due ascolti in passato: Coleman Hawkins che interpreta Greensleeves, un brano con una storia lunga e complessa (http://en.wikipedia.org/wiki/Greensleeves).
E passiamo a un altro musicista che considero straordinario, maestro della kora, Toumani Diabaté (http://en.wikipedia.org/wiki/Toumani_Diabat%C3%A9), che esegue Jarabi.
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