martedì 22 settembre 2015

Wolfsburg, Germania. Vicenza, Italia.

Sembra destinata ad allargarsi la storia delle centraline programmate per modificare, all’atto della verifica ufficiale, il livello d’inquinamento prodotto da alcuni modelli di auto Volkswagen e Audi vendute negli USA. 
L’ente americano di controllo, EPA, ha esteso ad altre aziende i controlli, evidentemente preoccupato che non solo il gruppo di Wolfsburg abbia fatto ricorso a questo stratagemma per superare i test.
In Europa, la Francia ha chiesto che vengano effettuate verifiche anche da parte delle autorità comunitarie, forse più con l’intento di sfruttare le circostanze a favore della propria industria automobilistica che con quello di garantire ai cittadini europei un’aria meno inquinata. Tra l’altro, dal momento che in Francia è già in corso una battaglia contro i motori diesel, la questione offre un utile pretesto per alzare il tono del confronto.
E si annunciano interventi dello stesso tenore un po’ ovunque nel mondo: a questo punto, ovviamente, le autorità pubbliche di altre nazioni non vogliono risultare meno rigorose di quelle americane nella difesa della salute dei cittadini. E, perché no?, anche per mettere qualche granello di sabbia nei meccanismi competitivi di produttori di altre nazioni. Tra quelli che si sono mossi in fretta c’è la Corea del Sud, guarda caso paese di origine di uno dei primi produttori del mondo, il gruppo Hyundai-Kia.
Tra ieri e oggi la quotazione delle azioni di Volkswagen è andata a picco (la perdita in due giorni sfiora il 40%: https://www.boerse-frankfurt.de/en/equities/volkswagen+ag+vz+ag+DE0007664039) e l’azienda ha annunciato l’accantonamento di somme importanti per far fronte alle sanzioni. Si parla, inoltre, di un radicale rinnovamento dei vertici aziendali, la cui posizione appare difficilmente difendibile.
Da qualsiasi punto di vista ci si ponga, questa storia risulta sconcertante e quello che abbiamo visto sinora potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Pare, infatti, difficile credere che solo Volkswagen si sia trovata nella condizione di dover ricorrere a un trucco per superare le verifiche sui livelli di inquinamento dei propri motori diesel di cilindrata più bassa. Baso questa convinzione su due argomenti principali.
Il primo è che, quando le riviste specializzate effettuano le prove su strada dei vari modelli di auto, i dati relativi al consumo non coincidono quasi mai con quelli dichiarati dalla casa, il che induce a pensare che anche quelli relativi all’inquinamento possano differire anche in misura marcata, dal momento che i due valori sono strettamente correlati.
E, in ogni caso, i test effettuati per l’omologazione e per le verifiche periodiche prevedono livelli di utilizzo dei motori che, nelle condizioni normali di impiego, risultano praticamente impossibili.
Il secondo argomento è che le centraline di gestione dei motori sono realizzate da poche aziende produttrici di componentistica. Certo, le specifiche tecniche sono personalizzate in base alle indicazioni del costruttore delle auto (che possono, come sembra abbia fatto Volkswagen, ideare internamente il software di gestione), ma i sistemi sono sostanzialmente gli stessi. Faccio fatica a credere che soltanto a Wolfsburg abbiano sentito il bisogno di ricorrere all’espediente svelato dalle indagini di EPA.
Staremo a vedere come si svilupperà questa storia. Ho la sensazione che possa riservare qualche sorpresa. Difficile pensare diversamente quando si leggono i dati di consumo e di inquinamento di molti modelli di auto.
Quale che sia la conclusione, finirà comunque per giocare a favore di chi, soprattutto Elon Musk, ma anche Apple e Google, ha lanciato una sfida importante ai costruttori tradizionali di auto.
Un paio di informazioni su quest’ultimo tema, giusto per capire le dimensioni del fenomeno. Proprio in questi giorni Apple ha inserito l’auto nella lista dei progetti sui quali c’è massimo coinvolgimento aziendale (il che vuol dire che è altamente probabile che arrivi sul mercato) e si parla del 2019 come possibile anno di lancio. Tesla sta per presentare una serie di nuovi prodotti che ampliano la gamma, anche verso il basso, e dedica particolare attenzione al mercato europeo, sul quale era poco presente. Certo, i numeri sono ancora trascurabili, ma non si deve ignorare la capacità innovativa di aziende o imprenditori che hanno già dimostrato di saper individuare prodotti e strategie capaci di espellere dal mercato leader considerati intramontabili. Chi, solo quindici anni fa, avrebbe immaginato che due campioni nel settore dei telefoni cellulari (Nokia e Motorola) sarebbero stati travolti dall’avvento degli smartphone?
Tra le questioni italiane, mi pare il caso di parlare ancora, sia pure brevemente, della Banca Popolare di Vicenza, dove hanno cominciato a volare gli stracci e sulla quale ha deciso di veder chiaro anche la Procura della Repubblica.
Ieri c’era un bell’articolo nell’inserto Corriere Economia, firmato da Mario Gerevini, dal quale esce il ritratto di una banca in cui erano entrati in crisi i sistemi di controllo della gestione, forse anche per la troppo lunga permanenza al vertice delle medesime persone: http://www.corriere.it/economia/15_settembre_22/credito-com-era-popolare-quella-banca-forse-troppo-ba903de8-610a-11e5-9c25-5a9b04a29dee.shtml#.
Buona stampa. Come ho già avuto modo di dire, forse la Banca d’Italia ha guardato dall’altra parte per troppo tempo e, anche oggi, sembra non voler prendere una misura che, tutto sommato, a questo punto non sarebbe ingiustificata, ossia il commissariaménto dell’istituto. A voler essere sospettosi, verrebbe da chiedersi se vi sia una relazione tra la prudenza della banca centrale e la presenza, nel consiglio di amministrazione di Popolare di Vicenza, di Andrea Monorchio, già Ragioniere Generale dello Stato. Non siamo il solo paese in cui le porte girevoli lavorano, e tanto, altrove, però, il sistema trova dei contrappesi che da noi mancano per tanti motivi.
Con noi nella lotta contro i nemici della musica oggi abbiamo un grande compositore del Barocco italiano relativamente poco conosciuto. Antonio Caldara (http://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-caldara/) è meno popolare di Scarlatti o di Vivaldi, ma ha dato un prezioso contributo alla grande musica italiana di quel periodo. Il brano che vi propongo è la cantata “Per Il Mar Del Pianto Mio” cantata da Maria Cristina Kiehr.


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