Manca una manciata di minuti alla riunione in cui, secondo
le anticipazioni dei quotidiani, il tizio decrepito intende riappropriarsi del
partito che presiede (io non mi ero reso conto che glielo avessero sottratto) e
con, ogni probabilità, sancire la fine dell’esperienza di governo inauguratasi
appena qualche mese fa.
La mia convinzione è che, così procedendo, il tizio
decrepito sancirà, nel modo più ignominioso, la conclusione del ventennio in
cui è stato al centro della politica italiana. Sia chiaro, non lo do certo per
morto e neppure per moribondo, lo avremo tra i piedi ancora per qualche tempo,
ma il suo seguito difficilmente raggiungerà i livelli toccati negli anni dei
suoi grandi successi elettorali.
Le ragioni che lo inducono a “riprendersi” il partito e a
ribattezzarlo con il nome di quello fondato all’inizio della sua “carriera”
politica sono, con tutta evidenza, lontanissime dai problemi dei cittadini
italiani e tutte incentrate sulle sue vicende giudiziarie e sulla percezione
che lui ha della sua persona e del suo ruolo nel paese.
Questo giustifica la convinzione sopra espressa. Se
effettivamente la riunione del Pdl porterà alla rottura della maggioranza e al
tentativo disperato di arrivare in tempi brevi a nuove elezioni, questo
suggellerà un ventennio di promesse non mantenute, di magniloquenti programmi
mai usciti dal mondo dei sogni, di volgarità e macchiette che hanno gettato
discredito sul paese e sulle sue istituzioni (in molte delle quali, grazie al
tizio decrepito e al suo modo di intendere e usare la politica, hanno trovato
posto personaggi che definire inadeguati e impresentabili è eufemistico).
La smisurata e patologica considerazione di sé, infine,
spinge il tizio decrepito a riaffermare il suo presunto potere sulla schiera di
lacchè di cui si è circondato per anni, preoccupato non già di risolvere i
problemi italiani, ma di sentirsi dare ragione e di essere venerato dai
“fedelissimi” servitori e, più ancora, di “riformare la giustizia” così da
ridurre le inchieste che lo riguardavano e i rischi di condanna. E questo è
anche oggi il suo unico interesse.
Per chi, come me, ha sempre considerato un’impostura la
presenza in politica del tizio decrepito, questa lunga fine di commedia non è,
però, motivo di soddisfazione, al contrario. Lui uscirà di scena lentamente,
magari ottenendo ancora qualche successo elettorale, senz’altro oltraggiando la
grande maggioranza degli italiani con il suo volgare egocentrismo. E questo
allontanerà ancora, sempre che sia possibile, l’inizio di una risalita che, se
avverrà, sarà dolorosa e difficile.
Nell’ultima settimana, sul Corriere della Sera, sono apparsi
editoriali firmati da uomini di cultura e orientamento politico diversi, tutti preoccupati dalla nostra classe dirigente, nella quale non si vedono le
capacità e la moralità necessarie per allontanare il paese dalla situazione
drammatica in cui si dibatte.
Vi segnalo il primo, di Galli della Loggia, pubblicato
domenica (http://www.corriere.it/editoriali/13_ottobre_20/potere-vuoto-un-paese-fermo-1e477e6a-394d-11e3-893b-774bbdeb5039.shtml)
e l’ultimo, apparso oggi, di Antonio Polito (http://www.corriere.it/editoriali/13_ottobre_25/maionese-impazzita-editoriale-polito-63478538-3d34-11e3-80a6-86529379bbd1.shtml).
Buona stampa.