Quanto accade in Turchia mi sembra estremamente preoccupante
e dovrebbe indurre i principali paesi europei a riconsiderare attentamente il
rapporto con Ankara, vissuto con la consueta leggerezza degli interessi
domestici anziché considerando la gravità delle prospettive internazionali.
Che il governo guidato da Erdogan sia protagonista di un
grave processo involutivo, mi pare indubbio. Una conferma la si trova, tra gli
altri, in questo interessante articolo del Financial Times di ieri: http://www.ft.com/intl/cms/s/0/901b1d04-cc46-11e2-9cf7-00144feab7de.html#axzz2VAecrMhE.
Buona stampa.
Oppure in questa ricostruzione, breve e un po’ ironica, dei
rapporti tra Turchia e Siria da La Stampa: http://www.lastampa.it/2013/06/03/esteri/assad-si-vendica-dellex-amico-erdogan-la-primavera-turca-si-ribella-al-regime-EufJkAH2xQquHmwuEiZIBN/pagina.html.
Buona stampa.
Sono due gli aspetti che mi colpiscono e mi spaventano di
quanto accade in una nazione che, per tante ragioni, ha grande importanza per
gli equilibri mediorientali e non solo.
Il primo è il fatto che l’involuzione, contrassegnata da un
crescente integralismo, si verifica in netto contrasto con la cultura di un
paese tradizionalmente rivolto a Occidente. Il sostegno popolare di Erdogan,
infatti, non gli garantisce la maggioranza del consenso e molte misure adottate
recentemente dal suo governo fanno a pugni con la tradizione laica consolidatasi
dalla fondazione della Turchia moderna da parte di Kemal Atatürk. Il risultato
è un conflitto drammatico e profondo, come dimostra l’improvvisa e rabbiosa
contestazione che, credo a torto, induce taluni commentatori ad accostare gli
avvenimenti turchi a quelli delle cosiddette “primavere arabe”.
Il secondo aspetto che mi pare importante è, al di là della
violenza evidente nella repressione, l’atteggiamento addirittura sprezzante con
cui Erdogan affronta la protesta. In questo sì, direi, quanto avviene in
Turchia si può accostare a quanto accaduto in Tunisia, in Egitto, in Libia e in
Siria. La Turchia, però, diversamente da queste nazioni, è una democrazia.
Erdogan è stato eletto con regole democratiche, non è arrivato al potere con
colpi di stato o attraverso forme di cooptazione da parte di regimi
dittatoriali come Mubarak, Ben Alì, Gheddafi e Assad. In breve: mi lascia molto
perplesso l’inclinazione a calpestare chi lo contesta da parte di un politico
che dovrebbe aver saldi dentro di sé i principi democratici.
E resto sconcertato dal silenzio da parte dei politici
italiani. In particolare, appare assordante il silenzio del tizio decrepito, il
quale ha dimostrato in questi anni una rara capacità di stringere rapporti
amichevoli con alcuni dei leader internazionali più controversi (eufemismo senz’altro
generoso), tra i quali Erdogan. Rapporti amichevoli ai quali, bisogna dargli
atto della lealtà, frutto, evidentemente, di legami molto forti e
significativi, non ha voluto porre fine neppure di fronte a eventi come quelli,
ad esempio, della repressione libica.
Non credo che l’amicizia possa e debba avere spazio nei
rapporti tra le persone chiamate a guidare una nazione. Certo, è essenziale
stabilire buone relazioni, favorire la confidenza e la stima reciproche, creare
le condizioni per la comprensione e la collaborazione, ma l’amicizia mi pare
che non dovrebbe aver spazio e, se mai si dovesse creare, andrebbe tenuta ai
margini di un rapporto che è personale per necessità imposta dai ruoli, ma
riguarda le nazioni.
La confusione tra persona e ruolo è un errore molto grave
che si verifica anche in ambiti diversi da quello politico. Gli studi di
economia aziendale ne offrono innumerevoli esempi negativi.
Guardando alla politica nazionale, purtroppo, continuiamo ad
avere prove quotidiane di come sia diffusa e pervasiva l’alta (in molti casi
esagerata) considerazione di sé e la volontà di preservare il proprio orticello
di potere anche a prezzo di conseguenze dannose per la collettività.
Un esempio per tutti quanto accade all’interno del Pd e
della sinistra in generale riguardo alle proposte di modifica della
Costituzione. Ne parla Antonio Polito nell’editoriale del Corriere di oggi: http://www.corriere.it/editoriali/13_giugno_04/presidenzialismo-politica-Polito_33aa0622-ccd5-11e2-9f50-c0f256ee2bf8.shtml.
Buona stampa. Intendiamoci: anche a me piace poco l’idea che
il tizio decrepito possa decidere di scalare la vetta della Presidenza della
Repubblica, soprattutto dopo un aggiornamento della Costituzione che ne
accrescesse il potere e che non lo bilanciasse con adeguati contrappesi. E
tuttavia, se la maggioranza degli italiani decidesse in questo senso, potrei essere
insoddisfatto, ma dovrei farmene una ragione.
Il tizio decrepito è un problema ed è un problema anche lo
psiconano+barba-Mediaset, ma l’aiuto che entrambi hanno ricevuto dai loro
cosiddetti avversari, in particolare del Pd, rimane impressionante. Un aiuto
senza il quale né l’uno né l’altro sarebbero arrivati fin qui.
Abbiamo sprecato vent’anni per colpa di Berlusconi,
certamente, ma anche per colpa dei suoi “peggiori” avversari.
Volete un paio di nomi: Rosi Bindy e Massimo D’Alema. Due
tra i grandi (anzi, maggiori) elettori del tizio decrepito e dello psiconano+barba-Mediaset.
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