sabato 28 settembre 2019

Di chi è la mia morte?


Non posso negare di provare un pur tenue piacere nel vedere che, finalmente, Donald Trump potrebbe essere chiamato a rispondere della propria condotta come Presidente degli Stati Uniti, carica per la quale, voi tre ne siete informati, lo considero da tempo del tutto inadeguato. E nella quale sta creando condizioni di instabilità e di tensione internazionali non prive di rischi, anche bellici.



Su The Guardian di oggi ho trovato un commento interessante di Robert Reich, che mette in evidenza la tendenza di Trump a servirsi in maniera opportunistica (eufemismo) delle istituzioni americane. Ecco il collegamento al pezzo: https://www.theguardian.com/commentisfree/2019/sep/28/donald-trump-richard-nixon-impeachment-robert-reich.
Buona stampa.
Ovviamente non ci sono soltanto posizioni critiche nei confronti di Trump, anche se, nella stampa internazionale più autorevole, prevalgono largamente.
Penso sia interessante leggere un articolo pubblicato dal sito gzeromedia.com, che è stato fondato da Ian Bremmer, esperto di politica internazionale americano che ha fondato anche Eurasia Group. Il pezzo lo trovate qui: https://www.gzeromedia.com/other-angles-on-the-impeachment-of-donald-j-trump?utm_source=Eurasia+Group+Signal&utm_campaign=56e900d0d4-EMAIL_CAMPAIGN_2019_09_27_10_57&utm_medium=email&utm_term=0_e605619869-56e900d0d4-170199005.
Buona stampa. Perché offre dei punti di vista diversi e induce a riflettere anche sui comportamenti di Joe Biden, la cui coscienza non appare proprio immacolata.
Sinceramente non mi piace affatto pensare che la gara ormai prossima per la Casa Bianca si possa svolgere tra Trump e Biden. Credo che gli Stati Uniti, ma anche il mondo, avrebbero bisogno di un Presidente di caratura assai diversa, magari anche di venti o trent’anni più giovane.
Lasciamo l’America e torniamo in Italia per parlare della recente sentenza della Corte Costituzionale in materia di suicidio assistito. Premetto, e fate conto che quanto segue sia scritto in caratteri cubitali: l’argomento è troppo “grande” perché io possa anche solo lontanamente immaginare di trattarlo qui in maniera adeguata. Ci sono, tuttavia, alcune considerazioni che mi sento di fare.
Le prime riguardano le parole del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, riportate oggi dalla stampa. Vi segnalo l’ANSA: http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2019/09/27/conte-promette-liva-non-aumentera-solo-rimodulazioni-_a0672d95-2795-4f91-a981-417b8a4657e9.html.
Cronaca. Riprendo alcune delle parole dette ieri da Conte e virgolettate dall’ANSA: “E’ giusto che ci sia un confronto serio in Parlamento sul fine vita. Mentre non ho dubbi che esista un diritto alla vita, perno di tutti i diritti della persona, dico che è da dubitare ci sia un diritto alla morte.” Il Presidente del Consiglio ci tiene a precisare che le sue considerazioni nascono dall’essere giurista e cattolico. A me pare, non essendo né giurista né cattolico praticante, che nelle sue affermazioni vi sia una contraddizione: se il diritto alla vita è il perno di tutti i diritti della persona, allora la vita appartiene solo alla persona e la persona ha il diritto di disporne. Il diritto alla morte esiste. Anche perché la morte non è il contrario della vita, ma una sua parte integrante. La morte fa parte della vita esattamente come la nascita e, se su questa l’individuo non può ovviamente decidere nulla, sulla conclusione della sua vita ha necessariamente il diritto di decidere. E deciderà sulla base delle proprie convinzioni, anche religiose. Riconoscere il diritto al suicidio assistito e, eventualmente, anche all’eutanasia non significa imporre il suicidio assistito o l’eutanasia. Non significa neppure affermare un principio che impone di violare le posizioni della Chiesa Cattolica in materia (che invece vorrebbe imporre le proprie), significa solo offrire alla persona la possibilità di affrontare, in qualsiasi modo essa desideri, circostanze esistenziali drammatiche, dolorose e difficili come quelle che porta una malattia grave e incurabile.
Per qualche interessante spunto di osservazione sul tema e sulle relazioni con i principi di uno Stato liberale, potete leggere questo articolo di Antonio Scurati sul Corriere della Sera di oggi: https://www.corriere.it/opinioni/19_settembre_28/dico-si-all-eutanasia-legale-libera-civile-sono-la-vita-353e06ac-e167-11e9-a633-17aa10b50ecf.shtml.
Buona stampa. Anche se non condivido tutte le posizioni espresse da Scurati, mi pare che il pezzo consideri vari aspetti sui quali giova riflettere.
Torniamo a Conte, il quale ci tiene a sottolineare il diritto dei medici all’obiezione di coscienza. Non c’è dubbio che tale diritto esista e vada tutelato, tuttavia farei attenzione a inquadrarlo correttamente. E vi segnalo, a riguardo, che tra le prime reazioni alla sentenza della Corte Costituzionale c’è stata quella del responsabile di un’organizzazione sindacale dei medici, il Dottor Anelli, Presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo). Tra i tanti che le riportano, ecco Il Messaggero: https://www.ilmessaggero.it/italia/suicidio_assistito_consulta_eutanasia_medici_scelta_oggi_ultime_notizie-4757439.html.
Cronaca. Ecco le parole del Dottor Anelli: «Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana». «Questa affermazione porta con sé almeno due corollari - sottolinea - il primo è che i medici vedono nella morte un nemico e nella malattia un'anomalia da sanare: mai si è pensato che la morte potesse diventare un alleato, che potesse risolvere le sofferenze della persona. Se oggi la Consulta decidesse per una depenalizzazione dell'aiuto al suicidio, verrebbe capovolto questo paradigma«. E aggiunge: «Le ripercussioni non riguarderebbero solo i medici e le altre professioni sanitarie: il meccanismo che porta ad accompagnare una persona verso il suicidio coinvolge l'intera società». Altrove al Dottor Filippo Anelli sono attribuite anche queste parole: «lo scopo del medico è combattere la malattia, alleviare la sofferenza e allontanare la morte il più possibile».
A me pare che nelle considerazioni di Anelli vi siano delle contraddizioni, ma lascio che ognuno di voi tre valuti personalmente. Io, tuttavia, non posso evitare di fare qualche osservazione. Il giuramento di Ippocrate, al quale i medici si richiamano per giustificare la loro opposizione a dare la morte come sollievo dalla malattia è, se vogliamo, un po’ datato, un impegno professionale e morale elaborato in tempi assai diversi dai nostri, nei quali i valori e le conoscenze non avevano nulla o quasi in comune con i valori e le conoscenze della nostra epoca. Ancora: nel nostro paese tuttora è difficile, per pazienti terminali di malattie che comportano acute sofferenze, ottenere adeguati trattamenti antidolorifici. I medici e il personale sanitario italiano, verrebbe da pensare, considerano di poter esercitare l’obiezione di coscienza anche nella somministrazione di morfina e di altri farmaci capaci di contrastare efficacemente il dolore. E, forse, non sono estranei a una visione della vita nella quale la sofferenza è quasi un valore e una sorta di passaggio obbligato per qualche premio eterno. Ultima osservazione: cosa distingue i medici italiani da quelli dei molti paesi nei quali il suicidio assistito e/o l’eutanasia sono stati introdotti e vengono praticati con regolarità appunto sotto controllo medico? I medici belgi o svizzeri, americani o australiani non hanno a cuore la vita del paziente? Quando si trovano di fronte un malato si guardano bene dal curarlo e lo avviano seduta stante alla morte? O non avranno adeguato i principi di Ippocrate a quelli della società in cui viviamo?

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