domenica 23 febbraio 2014

Ci sarà un perché se tutti sperano, ma dubitano


Abbiamo un nuovo governo e, per sua fortuna, oggi qui non piove. Potrebbe essere un buon inizio…
Lasciamo perdere le battute (mediocri, tra l’altro) e vediamo di capire come stiamo venendo fuori da settimane nelle quali si è consumata una vicenda politica che, a mio modesto avviso, non ha certo contribuito a rafforzare l’immagine del nostro paese all’estero, tutt’altro. Altrove certe cose non si fanno o, se si fanno, non si dimenticano del tutto le buone maniere. Per esempio: nel Regno Unito Tony Blair e, prima di lui, Margaret Thatcher furono “rimossi” da Downing Street non dal voto popolare, ma in seguito a manovre interne ai loro partiti, forse non pienamente trasparenti, però non certo come è accaduto a Letta da parte di Renzi.
E il modo in cui si è arrivati alla nascita del nuovo governo non mi pare inquadrarsi nell’ambito dei “buoni inizi”, ma tant’è, le cose sono andate così e, quindi, guardiamo avanti, ossia a quello che ci possiamo aspettare dal più giovane Presidente del Consiglio della nostra storia.
Di queste ore è l’affermazione che il primo obiettivo dell’azione riformatrice di Renzi sarebbe la burocrazia. Ottima scelta, il punto è capire se ci sono le capacità e la volontà necessarie per combattere una battaglia difficilissima contro un possente drago dalle molte teste.
Sono certo che anche voi tre ricordiate perfettamente i proclami altisonanti di Renato Brunetta, il quale dallo scranno di Ministro della Funzione Pubblica aveva promesso di trasformare nel volgere di pochi mesi la Pubblica Amministrazione italiana. Con quali risultati? Beh, anche questi li ricordate perfettamente, il niente si ricorda agevolmente…
Qualche consiglio a Renzi lo hanno offerto Alesina e Giavazzi sul Corriere di venerdì (http://www.corriere.it/editoriali/14_febbraio_21/purche-si-dica-tutta-verita-2fdac98a-9ac2-11e3-8ea8-da6384aa5c66.shtml).
Buona stampa. I due economisti ancora non conoscevano con certezza la composizione del nuovo governo, questo spiega il loro approccio volto a dare consigli e non a fare valutazioni. Perfetta la chiusura del pezzo, che mi piace tanto da meritare di essere ripresa integralmente:
“… Ma il nuovo governo non farà nessuna di queste cose se non sostituirà radicalmente i burocrati che gestiscono i ministeri (riformando i contratti della dirigenza pubblica e allineandoli a quelli del settore privato) cominciando dalla casta dei capi di gabinetto. Per farlo ci vuole coraggio perché questi signori sono depositari di «dossier» che tengono segreti per proteggere il loro potere. Bisogna aver il coraggio di mandarli tutti in pensione. All’inizio i nuovi ministri faranno molta fatica, ma l’alternativa è non riuscire a fare nulla.”
Diverso è il tono che ritroviamo nei commenti di ieri e di oggi dei principali quotidiani italiani, nei quali mi paiono prevalere, dietro lo schermo di una speranza “obbligatoria”, dubbi e timori.
Buona stampa.
E passiamo all’editoriale odierno di Sallusti su Il Giornale (http://www.ilgiornale.it/news/interni/994961.html). Anche Zio Tibia (copyright Marco Travaglio) si è adeguato alla nuova linea morbida e garbata imposta dal padrone (il tizio decrepito) e dal suo consigliere politico. Una linea apprezzabile, perché, se non altro, persino la Santalacchè ha smesso di strillare…
Stampa così e così. Sallusti si preoccupa soprattutto di bastonare il “traditore” Alfano (che è come sparare sulla Croce Rossa). Che volete farci? Lui è fatto così, lui il giornalismo lo intende in maniera diversa da Ben Bradlee (http://en.wikipedia.org/wiki/Ben_Bradlee). 
Torniamo a commenti un po’ meno strampalati. Vi suggerisco quello di Luca Ricolfi su La Stampa odierna (http://www.lastampa.it/2014/02/23/cultura/opinioni/editoriali/sul-governo-una-certezza-e-un-dubbio-08X1E2fig0mzfuK2RyQDZK/pagina.html) e quello, sempre odierno, di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera (http://www.corriere.it/editoriali/14_febbraio_23/paneibanco-renzi-velocista-pachiderma-7e43a82a-9c58-11e3-bf70-ea8899950404.shtml).
Buona stampa. Per entrambi. Mi limito a sottolineare le osservazioni di Panebianco riguardo alla mancata conferma di Emma Bonino e di Enzo Moavero Milanesi: condivido pienamente l’opinione che si sia trattato di due errori. Due errori madornali.
Così come, forse, non è stata neppure geniale l’idea di affidare il Ministero dello Sviluppo economico a Federica Guidi e quello del Lavoro a Giuliano Poletti. Si tratta di due persone che hanno sicuramente bagagli culturali adeguati per l’incarico, ma sono anche, che piaccia o no, esponenti di due lobby assai ingombranti e questo, a mio modesto avviso, non va per niente bene.
Senza parlare dei possibili conflitti di interesse della prima, segnalati da Il Fatto Quotidiano (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/23/governo-renzi-tutti-i-conflitti-di-interessi-del-neo-ministro-federica-guidi/891162/). Intendiamoci: niente a che vedere con quelli del tizio decrepito, però…
Prima di passare al conforto della musica, vi segnalo il Buongiorno di Gramellini del 21: http://www.lastampa.it/2014/02/21/cultura/opinioni/buongiorno/la-macchina-della-saliva-aHy0TNNuKCjwoROdFdDYVI/pagina.html.
Buona stampa. E ottimo suggerimento a Renzi. Quelli che ora lo portano in palmo di mano, se fallirà, non daranno al gallo nemmeno il tempo di cantare due volte.
E cominciamo con la musica. Anna Maria Jopek (http://en.wikipedia.org/wiki/Anna_Maria_Jopek) è una cantante polacca che ha alle spalle alcune collaborazioni con importanti musicisti internazionali. Non ha una voce particolarmente potente, ma mi sembra meritare un ascolto. Vi propongo Don’t Speak, una canzone malinconica che lei interpreta con garbo e discreta intensità.


E passiamo a cose più lontane nel tempo e, direi, anche nel valore.
Nel 1963 John Coltrane compose un brano di rara bellezza per reazione a una strage razzista avvenuta nella città di Birmingham (http://it.wikipedia.org/wiki/Alabama_%28John_Coltrane%29) e lo incluse in uno dei suoi album più belli, Live at Birdland. Nell’esecuzione il grande Trane era affiancato dai componenti del suo storico quartetto, di cui vi ho già parlato, ovvero Jimmy Garrison al basso, McCoy Tyner al piano e Elvin Jones alla batteria. Il pezzo s'intitola Alabama.


Meno drammatica, ma non meno interessante, la terza e ultima proposta di oggi: Changes, una composizione inclusa, nel 1955, in uno splendido album del quintetto/sestetto guidato da Miles Davis e Milt Jackson. Due maiuscole prove del talento straordinario di entrambi i musicisti.


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